Una flâneuse per le vie della città. Ecco perchè vorrei vivere a Gorizia!

di Giovanna Campagna

Gorizia, nel mio immaginario di città intuita, prima ancora che visitata o vissuta, si è delineata, fin dalle prime suggestioni, a emblema di luogo custode di un passato soave e crogiolo di nuovi impulsi. Una città aperta alla ibridazione e alle relazioni interculturali, perché avvezza, storicamente e geograficamente, alla spartizione di un'area comune. Rispetto a Berlino, con cui condivide la particolarità, ma che dopo l'unificazione è tornata ad essere la capitale tedesca di quella nazione, Gorizia ha mantenuto due identità che condividono un unico "corpo geografico": due aree contigue, l'italiana e la slovena, non omogenee ma motivate alla collaborazione e in continuo fruttuoso dialogo fra loro. Una felice osmosi che, nel tempo, l'ha modellata a crocevia tra nazioni e culture, passate e presenti; trait d'union tra flair austriaco e spirito di una italianità declinata nella piacevolezza delle sue piazze e dei generosi giardini, con uno sguardo, risultato della sua identità storica, che lei allunga sorniona sul vasto scenario del "mediterraneo allargato".

In questa "doppia città" ho trovato la stessa atmosfera che mi ha accolta sempre a Vienna, ma rivisitata e arricchita dalle due diverse interpretazioni: l'italiana e la slovena. Il risultato è la particolarità tutta goriziana di serbare un carattere noto, distintivo ed esotico al contempo. Le tre anime: italiana, slovena e austriaca, concertando tra loro, realizzano un particolare esprit, cesellando quella intrinseca dolcezza e soavità goriziana tanto efficacemente contenute nell'espressione "La Nizza d'Austria" per lei coniata alla fine dell'800 da Karl Von Czörnig, che la elesse a suo ultimo domicilio.

Oggi questa morbidezza la si avverte ancora: continua ad essere un beato luogo dell'intersezione: permeabile, disponibile, armonioso e per questo amabilmente accogliente. Vi si percepisce il flusso continuo fra le dimensioni temporali e spaziali che la città modula, con sapiente nonchalance, in costante equilibrio dinamico, basculante, vitale: custode attenta di un passato glorioso con uno sguardo fiducioso rivolto al futuro. Ho avuto modo di beschnuppern (una espressione tedesca che letteralmente significa l'andare annusando e corrisponde alla piacevolezza del vagare senza meta lasciandosi inebriare da ciò che si incontra), passeggiando lungo alcune strade defilate rispetto al centro cittadino, e mi sono abbandonata ad una piacevolezza dal sapore antico: ho incontrato scorci, frammenti cari alla mia memoria che mi hanno ricondotta alla Firenze della mia infanzia e che oggi non trovo più, sperimentando una sorta di " Madeleine urbana" . Un tuffo al cuore improvviso, subitaneo, nel ritrovare luoghi della memoria, ormai accantonati nella soffita della personale geografia interiore, e tornati a rappresentarsi nella loro semplicità: certi piccoli sporti, una merceria, concepita come lo erano 40 anni fa e quasi del tutto scomparse nel tessuto urbano contemporaneo, la libreria, non atiquaria ma "lenta" , dove è tutt'ora possibile sostare ed accarezzare con lo sguardo i volumi polverosi, dove il libraio cerca ancora nella memoria piuttosto che sullo schermo del computer.

Questa città mi ha accolta, una città "lenta" lei stessa, dove è piacevole e naturale vagabondare come una flâneuse, e dilatare il tempo. Dove la lentezza non ha niente a che vedere con la mancanza di vitalità ma, al contrario, ne favorisce una graduale penetrazione, la sola modalità che consenta l'assaporare delle suggestioni e degli stimoli. Il vero humus di quella rinascita cittadina, che si avverte ad ogni angolo e nelle molteplici iniziative con cui si sta preparando al suo debutto, insieme alla sorella Nova Gorica, nella arguta esperienza transnazionale (la loro nomina a doppia capitale europea della cultura per l'anno 2025). Così mi è apparsa Gorizia fin dalla prima visita, fin dal primo sogno di poterci, forse un giorno, venire a vivere... Una Gorizia astronave, lanciata verso il futuro, quale ho avuto modo di osservarla, nell'interpretazione dell'artista Tullio Crali che, nel suo approccio futurista, così la dipinge: una città di smeraldo, per I toni del verde che lambiscono la cittadella del castello. Sembra una nave, la prua sollevata, sopra nuvole sfilacciate come spuma di mare, tesa verso oriente. Mi piace guardare a questo bozzetto ( lui stesso forse dipinto preparatorio del successivo "Volo su Gorizia") come ad una visione dello stesso Crali, sintesi simbolica per immagine di un impulso di rinascita e buon auspicio.

Visione pacificante di una cittadella bolla, leggera e permeabile alla linfa che arriva dall'est verso cui si rivolge; un segno di accoglienza , per tutto ciò che di buono e bello da lì provenga. Così la dipinse Crali e così mi piace guardare a Gorizia: aperta, lanciata, collaborativa, in opposizione ad antiche e nuove paventate chiusure, muri, cortine, dietro i quali continuare a nutrire la paura ed il sospetto. Una città nave, pronta a salpare, sulla quale è bello salire e iniziare un viaggio.

(ndr) Ho chiesto a Giovanna, che attualmente fa la spola tra Firenze e l'Alto Adige, che cosa intendeva per flâneuse, termine a me del tutto sconosciuto.. Questa la sua risposta: "Il flâneuner o flâunese, nella versione femminile, è colui/lei che assapora la città, la percorre e impara a conoscerla camminando per le sue strade. Concetto sviluppato da Baudelaire per indicare l' attitudine oziosa di vivere la percezione e le emozioni che da questa modalità si veicola. Non esiste un vero corrispettivo in italiano, forse può avvicinarlo il concetto di perdersi, girovagare in ascolto. ...." Mi ha consigliato anche la lettura di questo libro. Un prezioso suggerimento che non mancherò di seguire.

Nessun commento:

Posta un commento