Quando sono andata, per la
prima volta, ad Arqua’ Petrarca, in gita scolastica, e assieme alle due compagne
di classe ci siamo immortalate in una foto sedute sulla soglia della casa di
Francesco Petrarca, non sapevo ancora che avrei amato tanto la mia terra. Mai
avrei immaginato che le “Chiare e fresche dolci acque” una delle liriche più note
della poesia italiana delle origini e della nostra letteratura in assoluto,
assieme all’opera di Cesare Pavese avrebbero inciso così profondamente nella
mia storia personale. “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella
gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci
sei resta ad aspettarti.” L’epigrafe della Luna e i falò è la sintesi di ciò
che ha rappresentato per me Gorizia. La mia città. Ed ho voluto usare le parole
di Pavese perché mai sarei riuscita con una frase soltanto a descrivere
il senso di tutto. Proprio non riesco a capire coloro i quali se ne vanno in
giro per il mondo, cambiano città senza colpo ferire e non alzano evidentemente,
mai lo sguardo dove l’orizzonte si perde.
Pensavo proprio a questo
quando stamattina, acceso il pc, ho deciso di aggiungere un post per raccontare
i luoghi. L’input mi è arrivato nei giorni scorsi, quando Beny Kosic ha messo
online una significativa raccolta di immagini del nostro fiume. Così, approfittando
del fatto di aver un bel po’ di materiale disponibile realizzato per il sito
della Casa del bambù, lo condivido in questo blog per dimostrare che, come non
smetterò mai di sostenere, Gorizia è al centro di un territorio meraviglioso.