Tradizioni autunnali tra zucche e sommaco

Nei giorni scorsi ho avuto la fortuna di conoscere Alma, che ha allestito in piazza De Amicis, un luogo che diventa difficile identificare. Di primo acchito si potrebbe pensare ad una fioreria, ma la "Casa di Zoe" è molto di più. Difficile non ammettere che quel "di più" sia riconducibile alla remota amicizia che lega Alma a Sibilla. Un'amicizia nata tra fiori e piante. Poi, ciscuno (in questo caso ciascuna) segue la strada che il destino ha loro tracciato. Ma è facile capire come il connubio tra due anime buone non possa che far nascere e crescere idee, proposte, incontri e creazioni. Così perlomento è stato per me. Negata, da sempre, al lavoro manuale, ovvero alla creatività, ho colto la sfida (con me stessa) di trascorrere un paio d'ore immersa nell'essenza di un concentrato d'autunno: fiori, foglie secche, castagne, bacche e zucche. Sibilla, l'incantastorie, la cui voce dolce e suadente avrebbe anche la capacità di trasformare in un cucciolone il lupo cattivo di cappuccetto rosso o dei tre porcellini, ci ammalia ancora una volta con il racconto di leggende e tradizioni legate all'autunno.

Una falsa credenza, ci spiega anche, porta molte persone a ritenere che Halloween sia una festa importata, un’americanata tanto per intenderci, mentre è una tradizione che torna nella sua terra d’origine. La sua ritualità non è costume dei nativi americani, ma degli europei che emigrarono verso gli U.S.A. all'inizio del secolo scorso.

Le usanze che da noi sono state dimenticate divennero oltreoceano un’ancora con la terra madre. Un modo per non staccarsi del tutto dal proprio paese d'orogine.

Nella nostra regione era abitudine riempire d’acqua i contenitori per il corteo dei dannati, lasciare gli avanzi della cena sul tavolo per gli avi defunti che sarebbero tornati a controllare la famiglia e le loro abitazioni. Ai bimbi venivano offerte le favette dei morti, color delle ossa, della terra e del sangue. Tanto per addolcire la pillola a proposito di chi siamo e dove andremo.

E la famigerata zucca? Conosciuta dai cattolici come cibo, contenitore di fiori e borraccia, era un accessorio per i viandanti e i santi pellegrini. In Cenerentola la zucca diventa una carrozza, restando legata al tema del viaggio, ma altri cibi di stagione hanno questa caratteristica. Nel mito di Proserpinae del melograno che le permetteranno di viaggiare fra il regno dei vivi e gli Inferi. Il cibo racconta, diventa messaggio nell’arte, così i chicchi del frutto diventano simbolo dell’ovaio e della fertilità perché i passaggi stagionali ruotano intorno al concetto di sopravvivenza.

C'è, poi, una interessante tradizione che si è persa nel tempo la cui conoscenza consentiva di prevedere l’andamento climatico. Assaggiando il pistùm, la preparazione con le foglie di rapa bollite che doveva essere conservato all’esterno (più era saporito e più l’inverno sarebbe stato freddo). Oppure quella che attraverso la lettura dei semi aperti del caco le posate che vi apparivano anticipavano chiaramente ciò che sarebbe successo durante l'inverno: il cucchiaio indicava neve da spalare, il coltello freddo tagliente e la forchetta… un inverno mite. Ma a proposito della zucca, chi appartiene alla mia generazione ed è cresciuto, quindi, a pane e fumetti, è stato incredibilmente vittima di sarcasmo intellettuale. Mi spiego:

Nella vita dei Peanuts (Charlie Brown & Company) c’è un momento dell’anno che suscita sempre la trepidante attesa proprio di Linus. Un’attesa piena di emozione, di speranza, che resiste ad ogni perplessità e scetticismo, soprattutto da parte di Snoopy. E’ l’attesa per il cosiddetto “Grande Cocomero”. Nell’originale — in realtà — si parla di “pumpkin”, che significa zucca. Tutto ciò perché il giorno di questa grande attesa da parte di Linus Van Pelt è Halloween. Quando il fumetto di Charles Schultz apparve per la prima volta in Italia, Halloween, con il suo apparato di grandi zucche forate illuminate dall’interno, scheletri e cupe figure incappucciate, risate agghiaccianti, ritornello ossessivo (dolcetto o scherzetto), non era ancora sbarcato da questa parte del mondo. Così Oreste Del Buono e i curatori dell’edizione italiana pensarono — prendendosi una certa libertà — che il pubblico del Bel Paese non avrebbe capito per quale motivo era così importante quella che da noi era la festa di Ognissanti, insignificante per chi non fosse un cattolico minimamente istruito e praticante. Così si pensò di trasformare la zucca in un cocomero che evidentemente sembrava essere più famigliare alle folle italiche che lo consumano molto volentieri (magari con l’altro suo nome di anguria) nelle calde sere d’estate. (da https://www.paologulisano.com/halloween-perche-linus-attende-la-felicita-da-una-zucca-vuota/)

Il tempo vola e già le vetrine dei negozi si stanno riempiendo di decori natalizi. Nel nostro piccolo, a Gorizia, mi chiedo quali emozioni potremo rivivere grazie alla consolidata coppia Alma Sibilla, nell'ormai prossimo dicembre, nella confortevole casa di Zoe.