Gli orti a Gorizia, città,
sono soltanto un ricordo; ma il territorio circostante mantiene inalterato l’ambiente
che per certuni di noi, ovvero coloro i quali hanno superato da diversi decenni
gli “anta” rappresenta il ricordo delle gite fuori porta; quando alla domenica
si andava a fare la scampagnata e non shopping al centro commerciale. Altri
tempi in tutti i sensi. All’inizio di Primavera, ad
esempio, la campagna sia subito al di là oltre confine, come immortalato dalle
bellissime foto di Beny Kosic, sia verso la cosiddetta Bassa, anche i lati
delle strade provinciali sono naturalmente dipinti dalle pennellate rosa dei
fiori di pesco.
E credo che a questo punto posso cedere la parola a Giuditta Lagonigro che ha abbandonato il bel suol di Puglia per trasferirsi in questa
regione, altrettanto bella, che Lonely Planet, un paio di anni fa, ha giudicato una tra le 10 mete
più belle al mondo. Giuditta, che attraverso il suo Blog riesce a
catturare l’essenza del buon vivere, spero gradisca questo connubio tra fiori
(bellezza) e (frutto) sostanza.
"Una passeggiata al mercato
della frutta, in tranquillità e con un pizzico di attenzione, potrebbe essere
un interessante spunto per approfondire la conoscenza su provenienza,
caratteristiche organolettiche e peculiarità dei prodotti esposti.
La mia curiosità è stata
sollecitata confrontando, per l’appunto, merce di varia origine. Che differenza
c’è tra i peperoni olandesi e quelli Italiani o tra le ciliegie della Slovenia,
della Turchia e della Puglia, che trovo quasi contemporaneamente sui banchi o
ancora tra le pesche dell’Emilia Romagna rispetto a quelle del Friuli Venezia
Giulia?
Sicuramente il “terreno” con
le sue proprietà e caratteristiche, incide sui profumi e sui sapori, per non
parlare del tipo di coltivazione che gli addetti ai lavori applicano.
Per quanto possibile ho
cercato di capirne un po’ di più, soffermandomi su un prodotto per me a km 0: la
pesca friul-bisiaca.
In effetti la definizione di
pesca friul-bisiaca è inesistente a livello di mercato ma è adatta a indicare
il percorso che ho seguito per scoprire una zona del Friuli Venezia Giulia,
particolarmente vocata alla produzione del gustoso frutto.
Il mio punto di partenza è
stato Fiumicello (Ud), piccolo paese della bassa friulana, pianura meridionale
del Friuli a sud della provincia di Udine che si trova però a poca distanza
dalla Bisiacaria ,territorio che comprende la zona che si estende dal Carso
Monfalconese fino al basso corso dell’Isonzo.
Bisiacaria, dal latino bis
aquae-terra tra due fiumi, l’Isonzo ed il Timavo, misterioso corso d’acqua che
nasce in Croazia e dopo qualche decina di km si tuffa nelle profondità del
Carso , per riapparire con tre sorgenti, dopo un lungo percorso sotterraneo,
nel comune di san Giovanni di Duino, a poca distanza da Monfalcone.
Nonostante che il territorio
appaia morfologicamente complesso per i confini che delimitano le varie zone
della regione, si passa dalla provincia di Udine a quella di Gorizia nel giro
di pochissimi chilometri, lo stesso dicasi per Trieste (solo Pordenone è più
distante).
Fiumicello, il suo nome
deriva dal latino Flumen Thiel ,il nome del fiume che l’attraversa, è un paese
agricolo già presente ai tempi della colonizzazione romana di Aquileia, poi
passato sotto vari domini, fino al suo ritorno all’Italia alla fine della prima
guerra mondiale, è conosciuto e visitato soprattutto per le sue produzioni
ortofrutticole e floreali.
Ogni anno, in luglio, a
Fiumicello, Città della Frutta, si svolge la Mostra regionale delle pesche.
(link) durante la quale le pesche più belle vengono esposte e premiate, come in
un concorso di bellezza.
L’eccellenza delle pesche
nella zona, si deve a Pietro Martinis, studioso della colture delle pesche
nell’ Isontino, il quale, intorno alla prima metà del 900 si dedicò alla
sperimentazione del frutto, raggiungendo gli ottimi risultati di cui ancora
oggi si può beneficiare. Sono circa 79 gli ettari di pescheti, in parte
innestata su portainnesto, in parte su piede franco. Nella sola Fiumicello,
sono state individuate quasi un centinaio di varietà di pesche, tra le più
coltivate ricordiamo le Spring –Lady (le prime a raggiungere la maturazione),
le Flavor-Crest, Royal –Glory e le Elegant Lady.
Per saperne di
più mi sono rivolta ad un amico della Compagnia, Fabio Brumat, chiedendogli di
farmi visitare il suo pescheto. Ecco spiegato il mio veloce spostamento dalla
provincia di Udine alla provincia di Gorizia, dopo 6 km circa sono in
Bisiacaria e precisamente a Turriaco. La nostra guida ci aspetta in un bel
pomeriggio di prima estate, e ci introduce immediatamente nel verdeggiante
frutteto, con alberi pieni di coloratissime drupe.
Fabio ci dice che nel basso
Isontino c’è una superficie di circa 80 ettari destinata a coltivazioni di
pesche. L’albero del pesco comincia a produrre dopo due anni ma è preferibile
sempre togliere i primi frutti e aspettare che l’alberello si fortifichi. Il
suo ciclo vitale è molto lungo, si può arrivare anche ai 35 anni, per alcune
varietà.
Sicuramente, ci racconta
Fabio, quando il portainnesto era autoctono l’albero “si sistemava meglio
”-oggi si adoperano portainnesti di altre zone.- L’innesto è un procedimento
con il quale, attraverso due diversi tipi di incisione a marza o a gemma, con
ulteriori tipologie di tagli, si “uniscono” le parti di due piante diverse, per
dare vita ad un’unica pianta, che possa mantenere intatte le sue
caratteristiche.
E’ definita “Franco” la
pianta selvatica nata dal seme che può essere comunque moltiplicata per via
vegetativa.
Con mia sorpresa, Fabio mi
mostra un albero che non riconosco quale pesco, in effetti è un pesco selvatico
che ha i frutti molto somiglianti al mallo delle mandorle fresche, quello che
serviva per gli innesti.
Torniamo alla cura degli
alberi. Una minima parte di concime è necessaria poichè la pianta impoverisce
la terra. I trattamenti invernali sono necessari per combattere le malattie
funginee quali la bolla, i cancri rameali, oidio, monilia, corineo… Durante la
fioritura si effettuano trattamenti contro i parassiti animali come la mosca, e
bisogna sempre tener d’occhio la cocciniglia, le afidi, gli acari… Fabio tiene
a precisare che gli interventi sono mirati, eseguiti sempre nel rispetto
dell’ambiente e mai prima della raccolta. Queste buone notizie confortano i
consumatori.
L’albero del pesco va
seguito anche nella potatura che avviene quando la pianta è vegetativamente
ferma, cioè durante l’ inverno, periodo in cui si tagliano anche rami
apparentemente sani ma inutili per la produzione… i rami succhioni.
Interessante è anche il
diradamento. In pratica le drupe non possono crescere vicine perché non
aumenterebbe il loro volume, quindi più d’una viene sacrificata per dare la
possibilità alle altre di raggiungere una buona pezzatura. Bisogna contenere
l’abbondante impollinazione dei fiori!
A proposito dei fiori di
pesco, ricordati in una famosissima canzone, a parte la loro bellezza e il loro
delicato profumo, nella cultura cinese sono associati all’immortalità e in
alcune zone sono donati agli sposi in augurio di eterno amore. Tornando alla
saporita frutta, siamo in periodo di piena raccolta, rigorosamente manuale,
seguendo la maturazione di ogni drupa. Si comincia dai rami più alti. Per i
grandi quantitativi, le pesche vengono prima sistemate in cassoni, poi lavate
ed asciugate con un soffio d’aria, immagazzinate e conservate in frigo. Noi
abbiamo avuto il privilegio di cogliere dall’albero una pesca profumata,
succosa e delicata ed una nettarina, dalla polpa più asciutta e più resistente.
Se volete piantare nel
vostro giardino, un alberello di pesco, aspettate novembre si irrobustirà fino
alla primavera, oppure fatelo a marzo.
Le pesche hanno un basso
valore energetico: 28 calorie per 100g; oltre che essere gustate al naturale
possono essere utilizzate per dolci, in macedonia, “marinate” in un buon
bicchiere di vino, bianco per le pesche a pasta gialla, rosso per le pesche a
pasta bianca. Ai più coraggiosi consigliamo la Piarsolada, dessert tipico di
Fiumicello con il quale si recuperano le pesche molto mature. Tagliate le pesche
a pezzi, aggiungete un po’ di zucchero, succo di limone, vino e grappa. Fate
insaporire in frigo per qualche ora e, mi raccomando, dopo averne mangiato non
mettetevi al volante!
Il nostro breve ma
interessante viaggio in un pescheto finisce qui. Si potrà obiettare che la
passione e l’impegno accomunano tutti gli agricoltori, a qualsiasi latitudine.
E’ vero, com’è vero che mai, come in questo momento, urge una presa di
coscienza da parte dei consumatori per riscoprire, difendere e proteggere
quanto la Natura ci ha generosamente donato, in tutta la Terra ma in particolar
modo ciò che è più vicino a noi, avendo cura di non disperdere un patrimonio
irripetibile."
L'articolo Di Giuditta Lagonigro è stato pubblicato sulla rivista online Il giornale del cibo e reso disponibile per questo Blog su gentile concessione dell'autrice, che ringrazimo.
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