Il verde che resiste – Ma per quanto ancora?

C'è un dettaglio che in pochi notano, eppure dice molto. In via Duca d’Aosta, a Gorizia, davanti all’edificio che un tempo ospitava il dispensario – oggi sede di alcune associazioni – ci sono due alberi sopravvissuti al tempo e, per ora, anche al cemento. Il muretto di recinzione è stato costruito lasciando spazio ai loro tronchi. Un piccolo gesto, forse, ma carico di significato: rispetto, attenzione, coesistenza.

Era un altro tempo? Era un’altra sensibilità?

Oggi mi chiedo se quella cura per il verde sia ancora viva nella nostra città. Basta guardare altrove per avere qualche dubbio. Il recente intervento nel parco Coronini, ad esempio, ha lasciato l’amaro in bocca a chi sperava in una valorizzazione rispettosa. Più che un restauro, sembra una razionalizzazione, con potature aggressive e una perdita silenziosa di ombra, frescura, biodiversità.

E che dire della scelta – a dir poco singolare – di piantare olivi nelle aiuole spartitraffico? Piante che richiedono condizioni specifiche e non offrono ombra, inserite in contesti dove il verde dovrebbe servire prima di tutto a mitigare calore, smog, rumore. Una scelta estetica scollegata dal contesto, più simbolica che funzionale.

A Gorizia, gli alberi sono spesso trattati come ostacoli. Tagliati, dimenticati, sostituiti da aiuole asettiche o da piante ornamentali che nulla hanno a che fare con il nostro paesaggio. Eppure, il verde urbano non è solo un elemento decorativo: è benessere, memoria, respiro.

Ma la responsabilità non è solo delle amministrazioni pubbliche. Anche i cittadini, i privati, devono fare la loro parte. Un giardino, un’aiuola, perfino un terrazzo verde, richiedono tempo, attenzione, pazienza. Curare il proprio verde significa prendersi cura anche del contesto in cui si vive. Non basta piantare: bisogna potare con criterio, annaffiare con regolarità, lasciare spazio alla crescita e alla vita. È un gesto quotidiano, fatto di stagioni e di gesti silenziosi, che racconta chi siamo e che mondo vogliamo lasciare.

Quel muretto interrotto di via Duca d’Aosta dovrebbe diventare un monito per tutti: l’ambiente va rispettato anche nei dettagli, anche nei lavori più semplici. Lasciare spazio a un albero non è un’eccezione: dovrebbe essere la regola.

Un esempio concreto? In via Crispi, dove un distributore dismesso sarà trasformato in parcheggio. Lì sorge un maestoso albero: l’auspicio è che venga salvaguardato e integrato nel progetto, perché un parcheggio non è solo uno spazio per auto, ma anche un’opportunità per dimostrare che si può costruire senza distruggere, convivere senza sacrificare.

La città che vogliamo comincia da qui.

Una scrivania, un paese e una scoperta inaspettata


Ho una passione che mi accompagna da anni: i mobili usati. Mi piace cercarli, immaginarli in una nuova vita, toccare le venature del legno che ha già visto passare anni e mani. C’è qualcosa di profondamente poetico in un mobile che ha già avuto un passato e che trova posto nelle mie case, come se raccontasse una storia silenziosa.

Proprio per seguire questa passione, oggi sono andata a Valvasone a ritirare una scrivania. È solo a un’ora da casa, eppure non c’ero mai stata. È strano come certi luoghi vicini restino fuori dalle nostre traiettorie quotidiane, finché un pretesto non ci spinge a deviare.

La strada per arrivarci è già di per sé un piacere. Mentre percorrevo la Napoleonica, quella lunga via diritta che collega Palmanova a Codroipo, ho avuto la fortuna di assistere a un'esercitazione delle Frecce Tricolori, proprio nei cieli sopra Rivolto. Un passaggio improvviso, elegante e potente, che ha reso il viaggio ancora più emozionante. Quelle scie nel cielo sembravano quasi un presagio di bellezza.

Valvasone mi ha sorpresa. Un borgo raccolto, elegante, con una bellezza che sa di equilibrio: l’architettura è sobria e raffinata, con tratti che ricordano Venezia, ma senza ostentazione. Passeggiare per le sue stradine è come fare un salto nel tempo. E poi, la chiesa.

Non sapevo dell’organo. È un vero capolavoro, straordinario non solo per la qualità acustica (mi dicono) ma per la struttura stessa, riccamente decorata. Una meraviglia che, da sola, giustificherebbe il viaggio. Sono rimasta a lungo in silenzio ad ascoltare, anche solo il rumore dei miei passi sulle pietre.

Sono tornata a casa con la scrivania che desideravo, certo, ma anche con qualcosa in più: la sensazione di aver aggiunto un piccolo tassello alla mia mappa del cuore. Valvasone è ora un luogo che non dimenticherò, scoperto per caso grazie a un mobile di seconda mano. E forse è proprio questo il bello delle passioni: ci portano dove non avevamo pensato di andare.

La ricchezza culturale del Goriziano: Un riconoscimento a Hans Kitzmuller

Gorizia, città di confine, ed il suo territorio da sempre hanno rappresentato il punto d'incontro di culture diverse: slava, friulana, tedesca e italiana. Questa commistione di identità ha dato vita a una ricchezza culturale che non dobbiamo dimenticare, e uno dei protagonisti che da anni contribuisce a questa valorizzazione è Hans Kitzmuller, con la sua piccola ma preziosa casa editrice Braitan.

La sua attività editoriale ha avuto il merito di dare voce a poeti e scrittori del Goriziano ovvero Friuli, Slovenia e Carinzia, un'area geografica e culturale che, nonostante le divisioni storiche e politiche, conserva una straordinaria affinità nelle tradizioni letterarie e nei temi. In un contesto così delicato, dove spesso le frontiere invisibili rischiano di isolare piuttosto che unire, Kitzmuller ha saputo abbattere questi muri, offrendo uno spazio di dialogo e reciproca comprensione.

Recentemente, la sua casa editrice ha festeggiato un traguardo importante: i 40 anni di attività. Un'occasione che è stata celebrata con letture pubbliche dedicate, tra gli altri, a uno degli autori più significativi di questa tradizione, Alojz Gradnik. La raccolta di poesie di Gradnik, recentemente ripubblicata, è solo l'ultima di una lunga serie di opere che testimoniano l'importanza di mantenere viva la memoria storica e culturale di questa regione.

Gradnik, poeta di origine slovena, ha scritto poesie che raccontano la terra, il popolo e la storia di una Gorizia che, oggi come ieri, è un punto di confluenza di linguaggi, tradizioni e sensibilità diverse. È proprio su queste fondamenta che Kitzmuller ha costruito la sua casa editrice, facendo in modo che la bellezza della diversità culturale non fosse solo un tema da celebrare, ma anche un valore da difendere.

Nel cuore di Gorizia, quindi, la sua piccola casa editrice continua a essere un faro di speranza, un ponte tra le culture che si affacciano sul nostro territorio, un luogo dove la poesia e la letteratura diventano linguaggio universale e senza confini.

In un mondo in cui spesso sembra che le differenze separino, è fondamentale ricordare che la bellezza della nostra città risiede proprio nel confronto e nel dialogo tra culture diverse. Hans Kitzmuller, con il suo lavoro editoriale, ci offre ogni giorno un esempio di come, attraverso la parola scritta, possiamo costruire ponti anziché muri. La raccolta di poesie è disponibile in tutte le librerie

Erbe spontanee. La passione vien mangiando

 

La primavera in Friuli Venezia Giulia regala una meravigliosa avventura tra sapori autentici e natura rigogliosa. Dai monti al Carso, passando per prati, fiumi e lagune, ogni luogo offre erbe spontanee uniche, protagoniste di piatti tradizionali e nuove creazioni gastronomiche. Bruscandoli, sclòpit, asparagi selvatici, aglio orsino, tarassaco e molte altre piante sono pronte per essere raccolte, trasformando una semplice passeggiata in un’esperienza gustosa e coinvolgente. Insomma, basta prendere il cestino e ..... andare!

Ogni anno, con l'arrivo della primavera, cresce la mia impazienza di tornare nei boschi vicino a casa per raccogliere i germogli teneri del pungitopo. Questa passione non è nata subito. Infatti, quand' ero bambina non li conoscevo neppure. A quei tempi si andava a bruscandoli! Non conoscevo molte erbe spontanee, a parte il tarassaco—detto anche cicoria selvatica o dente di leone—quella pianta quasi invadente che in primavera riempie il giardino di fiori gialli e che poi, grazie ai suoi soffioni leggeri, sparge i semi ovunque.

Non ricordo quando, per la prima volta ho scoperto il pungitopo, quella pianta che a Natale si usa per decorare la casa perchè le sue bacche rosse fanno molta atmosfera. Sta di fatto che ormai è una passione che si rinnova ogni Primavera, diventando un piccolo rito personale. Adoro i germogli cucinati in ogni modo: in una soffice frittata, saltati nelle uova strapazzate o protagonisti di un delizioso risotto. Per fortuna, questa pianta non è molto nota, quindi posso raccoglierne senza il timore di rimanere a mani vuote. L'unico inconveniente sono le zecche, sempre in agguato tra le foglie umide, ma con un po' di attenzione il piacere di questa attività prevale decisamente sul rischio.

La raccolta e l’utilizzo delle erbe spontanee in cucina hanno origini antichissime, risalenti addirittura alla preistoria, quando l'uomo imparò per necessità a riconoscere le piante commestibili da quelle tossiche. Nel tempo, soprattutto nelle campagne del Goriziano, si è tramandata questa preziosa conoscenza, integrandola stabilmente nella cultura gastronomica locale. Durante periodi di scarsità alimentare, le erbe selvatiche diventarono risorsa fondamentale, simbolo di resilienza e creatività culinaria. Oggi questa tradizione rivive una nuova popolarità, apprezzata sia da chef stellati che dagli appassionati di cucina casalinga.

Tra le numerose erbe spontanee che possiamo raccogliere nella zona del Goriziano ci sono, oltre al pungitopo, il bruscandolo (luppolo selvatico), perfetto per realizzare uno squisito risotto dal gusto delicatamente amarognolo. Basta soffriggere una cipolla, aggiungere i bruscandoli spezzettati, tostare il riso, sfumare con vino bianco e portare a cottura con brodo caldo, mantecando poi con burro e parmigiano.

Anche l’aglio orsino è una delizia tipica delle nostre zone boschive. Si raccoglie facilmente per preparare un pesto profumato frullando le foglie con pinoli, parmigiano e olio extravergine, ideale per condire pasta fresca o crostini caldi.

Infine, non può mancare la frittata di pungitopo: sbollenta velocemente i germogli, saltali in padella con olio e aglio, aggiungi uova sbattute, sale e pepe, e cuoci a fuoco dolce per ottenere una pietanza saporita e genuina.

Andare a caccia di erbe spontanee è un modo per vivere pienamente il territorio, riscoprendo sapori autentici che ci riconnettono alla nostra storia e alla natura che ci circonda. 

Peraltro, i limiti regionali imposti per la raccolta delle erbe spontanee fanno quasi sorridere, considerando che è praticamente impossibile per una persona raccoglierne una quantità anche solo vicina a quella stabilita dalla Regione.


La Crisi del Commercio a Gorizia: Sfide e Proposte di Rilancio

Gorizia sta vivendo una crisi del commercio di vicinato che si riflette nel progressivo svuotamento del suo centro storico. Secondo un'analisi dell'Istituto Tagliacarne, centro studi delle Camere di commercio, pubblicata da Confcommercio e riportata sulla stampa nazionale nei giorni scorsi, Gorizia si colloca al secondo posto in Italia per la chiusura dei punti vendita, con una perdita che sfiora il 34,2% dal 2012 al 2024. Questo dato mette in luce un fenomeno che affligge numerose città italiane, ma che a Gorizia ha radici ancora più profonde.

Le Cause della Crisi

Alla base di questa crisi ci sono diversi fattori, alcuni dei quali legati a scelte politiche e cambiamenti economici. L'espansione della grande distribuzione è uno dei principali fattori che ha messo in difficoltà le botteghe. Con l'apertura di grandi centri commerciali e supermercati, i negozi locali (i cosiddetti negozi di vicinato) non sono riusciti a competere, soprattutto per quanto riguarda i prezzi e la varietà dei prodotti. Questo fenomeno è stato accompagnato dalla fine dei piani del commercio, che fino agli anni '90 attribuivano ai comuni la responsabilità di regolare l’offerta e la domanda commerciale sul proprio territorio. La fine di questi piani ha lasciato le città senza strumenti efficaci per bilanciare i diversi tipi di commercio, favorendo la crescita dei grandi centri a scapito delle piccole attività locali.

Peraltro, in Friuli Venezia Giulia, l'apertura di grandi strutture di vendita è stata agevolata da un'interpretazione estensiva delle disposizioni normative introdotte all’inizio degli anni 2000, che ha permesso una rapida espansione di queste strutture. Questa interpretazione ha portato la regione ai vertici nazionali per il rapporto superficie commerciale per abitante, favorendo una concentrazione di grandi centri commerciali che ha messo in difficoltà il commercio di vicinato, creando una competizione sproporzionata rispetto alla dimensione del mercato locale.

A Gorizia, questo fenomeno si è intrecciato con altre problematiche. La dissoluzione dell’ex Jugoslavia e l’apertura dei mercati in Slovenia hanno tolto alla città una parte importante dei suoi consumatori. Gli abitanti delle valli del Vipacco e dell'Isonzo, che prima costituivano una clientela fedele per i negozi goriziani, hanno ora accesso a mercati sloveni ben strutturati, con conseguente riduzione del flusso di consumatori in città. Inoltre, la dismissione delle caserme, che ha portato via migliaia di residenti, ha peggiorato ulteriormente la situazione, privando il commercio di una base di consumatori stabile.

Le Proposte di Rilancio:
Nonostante la difficoltà della situazione, Gorizia ha ancora molte potenzialità da valorizzare. Con una popolazione di poco più di 30.000 abitanti, è evidente che la creazione di una rete commerciale deve passare inevitabilmente attraverso il rilancio del turismo. Solo un flusso turistico regolare e qualificato può garantire una domanda costante per il commercio di vicinato.

Ecco alcune proposte concrete per il rilancio del commercio e del centro cittadino:

1. Valorizzare il turismo esperienziale e il commercio di nicchia

Gorizia potrebbe puntare sul turismo esperienziale, che si distingue dal turismo tradizionale per il suo focus sulle esperienze autentiche. La città ha un patrimonio storico e culturale ricco che potrebbe essere utilizzato per creare workshop, tour tematici e eventi gastronomici che attirano turisti in cerca di esperienze uniche. Allo stesso tempo, il commercio di nicchia, focalizzato su prodotti tipici e artigianato locale, potrebbe rispondere a una domanda crescente di qualità e autenticità, differenziandosi dalla grande distribuzione.

Una delle tradizioni gastronomiche più radicate a Gorizia è la “frittata con le erbe", che si prepara con le erbette spontanee che crescono nella zona. Da sempre, da primavera fino alla fine dell'estate, questa frittata è un piatto tipico, amato dai goriziani. I più anziani ricorderanno sicuramente l'osteria a San Mauro, al buso del Diau, a pochi passi dal confine, dove si consumava questa prelibatezza, preparata con le erbe fresche raccolte nei campi e nei boschetti circostanti. Ancora oggi, le erbette per la frittata vengono vendute al mercato di via Boccaccio, testimoniando una tradizione gastronomica che continua a vivere nel cuore della città. La valorizzazione di questi prodotti locali, come già si sta facendo con il radicchio "La rosa di Gorizia" e le erbe spontanee, dimostrerebbe che è possibile promuovere le eccellenze del territorio e attrarre visitatori interessati a esperienze culinarie autentiche. Gorizia potrebbe costruire un'offerta turistica che combini tradizione gastronomica e commercio di nicchia, puntando sulle erbe locali come il bruscandolo, l’asparago selvatico, il germoglio di pungitopo e l’aglio ursino, ottime da utilizzare in cucina e perfette per eventi gastronomici.

Proposta concreta:

Creare pacchetti turistici che includano esperienze culinarie legate ai prodotti ed alle erbe locali, come la frittata o il risotto con le "erbe". Le cene che vengono proposte dai ristoranti locali per promuovere e valorizzare la rosa di Gorizia possono essere riproposte durante tutto l’anno con i diversi prodotti agricoli che il territorio offre: dall’asparago di Sant’Andrea alla verza, ma anche la frutta. Nel territorio, infatti, sono coltivate ottime ciliegie e pesche, senza dimenticare noci e cachi, per i quali l’attuale strumento urbanistico ne prevede anche la tutela. Inoltre, piatti tipicamente locali, come lo struccolo cotto in straza, che sono noti solo ai residenti, potrebbero essere riscoperti e valorizzati.

2. Valorizzazione del Vino

Nonostante il Collio sia una delle zone vinicole più rinomate d'Italia, Gorizia non ha ancora saputo valorizzare appieno la sua ricchezza vinicola. Sebbene la produzione di vino rappresenti una delle maggiori risorse economiche e culturali del territorio, le iniziative per promuovere il vino del Collio sono state finora limitate e sporadiche. Le uniche manifestazioni degne di nota risalgono agli inizi degli anni 2000, quando furono organizzate alcune edizioni della rassegna Calici di Stelle, ma da allora non si è assistito a un vero e proprio rilancio o a una strategia di marketing efficace. Il vino del Collio, con le sue denominazioni di origine e i suoi vini bianchi pregiati come il Friulano e la Ribolla Gialla, rappresenta un’opportunità unica per Gorizia, non solo come prodotto da esportazione ma come autentico simbolo del territorio. Una valorizzazione più incisiva, attraverso eventi, promozioni e collaborazioni con i produttori locali, potrebbe elevare il vino a protagonista indiscusso della scena turistica e commerciale della città, facendo di Gorizia un punto di riferimento enogastronomico di grande prestigio. In tal senso Cormons dovrebbe essere considerata una brava maestra.

3. Agevolare finanziariamente l'apertura di nuovi punti di vendita

La creazione di una rete commerciale forte a Gorizia non può prescindere da incentivi economici per favorire l'apertura di nuovi punti vendita nel centro storico. Per sostenere il commercio di vicinato, è necessario che le istituzioni locali offrano sgravi fiscali e finanziamenti agevolati a chi desidera aprire un’attività commerciale nel centro città. Il Fondo Gorizia, sotto questo aspetto, potrebbe svolgere un ruolo fondamentale. Questo stimolerebbe l'apertura di negozi innovativi, legati alle tradizioni locali o a nuovi settori emergenti, e contribuirebbe a rivitalizzare la zona.

4. Sistemazione del Mercato Coperto di Via Boccaccio

Un altro aspetto fondamentale per il rilancio del commercio e della vita sociale nel centro di Gorizia è la sistemazione del mercato coperto di via Boccaccio. La struttura storica, quasi del tutto inutilizzata, rappresenta una grande opportunità per creare un centro di aggregazione che possa ospitare eventi enogastronomici, mercati agricoli e attività commerciali legate alla tradizione locale. Il progetto di riqualificazione del mercato, che aveva suscitato grande interesse, inclusa la proposta di collaborazione con il marchio Gambero Rosso, è rimasto fermo, deludendo le aspettative della Camera di Commercio e dei commercianti. Questo, nonostante l'approvazione di un fondo di tre milioni di euro per il suo rilancio. È essenziale che Gorizia riprenda in mano la valorizzazione di questo spazio, potenziando le sue funzionalità e facendo di esso un punto di riferimento per il commercio, il turismo e la cultura del territorio. In tal senso sarebbe interessante capire perché il Sindaco ha cambiato idea dopo le entusiastiche aperture iniziali.

La cartolina in apertura è di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio La cartolina in apertura

Ventotene vista da Gorizia: l’Europa al confine

In questi giorni il dibattito sul *Manifesto di Ventotene* si è riacceso, risvegliando una riflessione quanto mai attuale sul senso e sul futuro dell’Europa. Ma in questa conversazione collettiva, quasi sempre centrata nei grandi centri politici e culturali del continente, una voce manca: quella di Gorizia. Eppure, proprio Gorizia — oggi capitale europea della cultura insieme a Nova Gorica — ha tutto il diritto, e forse anche il dovere, di dire la sua.

Chi più di Gorizia ha vissuto, sulla propria pelle, le divisioni d’Europa? Chi più di questa città di confine ha conosciuto i traumi della storia, ma anche la fatica e il coraggio del ricostruire ponti là dove c’erano barriere? Il Manifesto di Ventotene, scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, immaginava un’Europa federale, pacifica, capace di superare i nazionalismi che avevano portato il continente alla catastrofe. Non era un’utopia astratta, ma una visione costruita tra le rovine del presente. Una visione che, oggi, Gorizia può e deve reinterpretare in chiave contemporanea.

Non si tratta di appropriarsi di un simbolo, ma di dare sostanza a quel progetto di Europa, che qui — tra Gorizia e Nova Gorica — ha preso forma concreta. Dove prima c’era un confine militarizzato, oggi c’è una piazza che unisce due città, due lingue, due memorie. Non è un caso che proprio questo spazio, Piazza Transalpina, sia diventato uno dei luoghi-simbolo di Go!2025. Ma l’Europa non si costruisce solo con l’arte e gli eventi culturali. Si costruisce con la memoria, il confronto, la capacità di pensarsi parte di qualcosa di più grande.

Per questo, Gorizia dovrebbe intervenire nel dibattito su Ventotene con la forza della sua esperienza storica e del suo presente in divenire. Un’idea potrebbe essere quella di promuovere un incontro pubblico, un seminario, o ancora meglio un convegno intitolato “Ventotene vista da Gorizia”, che raccolga studiosi, giovani, amministratori e cittadini da entrambi i lati del confine.

Un’occasione per confrontarsi non solo sul passato, ma anche sulle sfide dell’oggi: la crisi climatica, le disuguaglianze sociali, i nuovi confini della cultura digitale. Temi che richiedono, oggi come nel 1941, uno sguardo europeo, cooperativo, solidale.

In fondo, Gorizia è un laboratorio dell’Europa possibile. Non una città perfetta, ma una città che ha imparato a convivere con la propria complessità. Una città dove identità diverse si sono scontrate, ma anche incontrate. Una città che può insegnare — con umiltà, ma con forza — che non c’è futuro europeo senza memoria, senza dialogo, senza il coraggio di abbattere i muri, dentro e fuori di noi.

E allora, perché non partire proprio da qui? Perché non dire, con voce ferma e consapevole: Ventotene parla anche a noi. E noi, da Gorizia, vogliamo rispondere.

Riflessioni: la cittadinanza onoraria a Mussolini

Dico la mia a proposito della cittadinanza onoraria a Mussolini! Io credo vadano fatte, prima di tutto, alcune precisazioni. La cittadinanza onoraria viene concessa da un comune come un riconoscimento speciale a persone che si sono distinte per meriti eccezionali o per il loro legame con la città. Si tratta di un atto puramente simbolico, che non conferisce alcun diritto amministrativo o politico, ma rappresenta un'onorificenza prestigiosa e un segno di stima e gratitudine da parte della comunità locale. Per onestà intellettuale credo vada evidenziato il fatto che l’assegnazione della cittadinanza onoraria a Mussolini da parte di molti comuni italiani si inserisce in un contesto politico particolare e non rifletta, quindi, la finalità di fatto.

Dopo la Marcia su Roma e la nomina a Presidente del Consiglio, il fascismo godeva di un consenso iniziale, spesso dettato più dall’opportunismo che da una reale adesione ideologica. Molti sindaci e consigli comunali vedevano in Mussolini un uomo forte, capace di riportare ordine in un’Italia segnata dal Biennio Rosso e dalle tensioni sociali. Allo stesso tempo, il Partito Nazionale Fascista stava penetrando nelle istituzioni locali, esercitando pressioni politiche e spingendo le amministrazioni ad allinearsi al nuovo clima politico. La retorica della “Grande Italia” e la costruzione del mito dell’“Uomo della Provvidenza” rafforzavano l’idea di Mussolini come garante della stabilità nazionale. In alcune realtà, soprattutto ai confini o in zone di forte tensione identitaria, la cittadinanza onoraria veniva concessa anche per riaffermare l’italianità. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che lo squadrismo era ancora attivo e che il clima di intimidazione giocava un ruolo importante: la violenza fascista era spesso un fattore determinante nel condizionare le scelte amministrative. Dopo il delitto Matteotti, il sostegno al regime divenne sempre più una necessità per la sopravvivenza politica, trasformando questi riconoscimenti in atti di sottomissione forzata.

L’ascesa del fascismo in Italia è stata un processo complesso, segnato da violenza politica, crisi istituzionale e scelte opportunistiche da parte di chi avrebbe potuto fermarlo. La serie TV M. Il figlio del secolo, tratta dal romanzo di Antonio Scurati, racconta con grande efficacia gli eventi che portarono Benito Mussolini dal fallimento delle elezioni del 1919 al potere assoluto con la Marcia su Roma del 1922. Un percorso fatto di ambizione, strategia e brutalità, in cui il futuro Duce riuscì a trasformare un movimento minoritario in un regime capace di stravolgere la storia italiana. Quello che emerge dalla serie è un ritratto crudo e realistico di Mussolini, interpretato magistralmente da Luca Marinelli, (che peraltro ho avuto l'onore di ospitare) e del clima politico dell’epoca. Viene mostrata la paura della borghesia e dei grandi proprietari terrieri nei confronti del socialismo, il ruolo della violenza squadrista come strumento per destabilizzare l’ordine pubblico e la complicità di una classe politica debole e incapace di reagire. Si assiste alla costruzione del mito di Mussolini, abile nel parlare a diverse fasce della società e nel presentarsi ora come rivoluzionario, ora come garante dell’ordine, a seconda della convenienza.

Ma c’è un dettaglio che rende questa serie particolarmente interessante per chi vive o conosce Gorizia: diverse scene sono state girate in regione ed anche proprio qui. La città, con la sua architettura storica di via Rastello, ha offerto alla produzione un’ambientazione perfetta per ricreare l’Italia degli anni ’20. Questa scelta non è solo estetica, ma assume un significato profondo. Gorizia fu uno dei luoghi dove il fascismo attuò con maggiore durezza la sua politica di italianizzazione forzata, colpendo la comunità slovena attraverso la chiusura di scuole, giornali e associazioni culturali, fino alla repressione violenta del dissenso. Il fatto che, quasi un secolo dopo, proprio questa città sia stata scelta per raccontare l’ascesa del regime è un richiamo potente alla memoria storica.

Molti comuni oggi revocano la cittadinanza onoraria a Mussolini per una serie di ragioni che hanno a che fare proprio con la memoria storica, la condanna del fascismo e la riaffermazione dei valori democratici. Il conferimento di queste onorificenze, avvenuto perlopiù tra il 1922 e il 1924, fu spesso frutto di pressioni politiche, opportunismo o vera e propria intimidazione da parte del regime nascente. Revocarle oggi rappresenta un atto simbolico con cui le istituzioni locali prendono le distanze dal passato dittatoriale dell’Italia e ribadiscono l’adesione ai principi sanciti dalla Costituzione repubblicana.

Inoltre, il gesto assume un significato educativo, soprattutto per le nuove generazioni, ricordando gli orrori del fascismo e riaffermando i valori di libertà, giustizia e democrazia. Alcuni sostengono che queste revoche siano inutili perché si tratta di atti ormai privi di conseguenze pratiche, legati a un contesto storico remoto. Tuttavia, il simbolismo ha un peso importante nella costruzione della coscienza collettiva e della memoria pubblica. L’Italia ha una lunga storia di ambiguità nei confronti del proprio passato fascista, e iniziative di questo tipo aiutano a chiarire la posizione delle istituzioni nei confronti di una dittatura che ha portato il paese alla guerra, alle leggi razziali e alla repressione politica.

La revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini è necessaria, soprattutto se consideriamo ciò che il fascismo ha rappresentato nelle aree di confine. In queste zone, il regime non si limitò alla dittatura e alla repressione politica, ma attuò una vera e propria politica di snazionalizzazione, colpendo duramente le minoranze linguistiche e culturali. Pensiamo non solo al Friuli Venezia Giulia, all'Istria, alla Dalmazia e all'Alto Adige, dove il fascismo impose l'italianizzazione forzata, cancellando toponimi, vietando l'uso delle lingue locali e reprimendo brutalmente le identità slovene, croate e tedesche. In questi territori, il fascismo non fu solo un regime autoritario, ma una macchina di oppressione etnica, che negava i diritti fondamentali delle popolazioni autoctone. La revoca della cittadinanza onoraria è quindi un atto di giustizia storica e morale, che ribadisce il rifiuto di quella politica di violenza e discriminazione. Non si tratta solo di un gesto simbolico, ma di un'affermazione concreta dei valori democratici e del rispetto delle identità culturali che il fascismo cercò di cancellare.

Peraltro, forse è il caso di ricordarlo, un altro elemento fondamentale da considerare quando si parla di Gorizia e del fascismo è il fatto che, nel 1943, Benito Mussolini cedette la città ai tedeschi, rendendola parte della Zona di Operazioni del Litorale Adriatico (Operationszone Adriatisches Küstenland). Questo passaggio rappresenta uno dei momenti più tragici della storia goriziana, perché segnò l’inizio di una feroce occupazione nazista, caratterizzata da repressioni, deportazioni e violenze contro la popolazione. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il governo fascista ormai in frantumi non aveva più alcun controllo effettivo sul paese. Mussolini, liberato dai tedeschi e posto alla guida della Repubblica Sociale Italiana (RSI), accettò di fatto che intere aree del Nord Italia venissero amministrate direttamente dalla Germania nazista. Tra queste, il Friuli Venezia Giulia, il Litorale Sloveno e la Dalmazia furono inseriti in una zona speciale sotto il controllo del Gauleiter Friedrich Rainer, che operava direttamente agli ordini di Hitler. Credo che questo dato storico è cruciale quando si parla della cittadinanza onoraria a Mussolini, che il Consiglio comunale di Gorizia ha recentemente rifiutato di revocare. Appare quantomeno contraddittorio mantenere un'onorificenza a un uomo che, oltre a essere il responsabile dell’instaurazione della dittatura fascista, abbandonò la città ai nazisti, condannandola a mesi di occupazione e a una delle fasi più nere della sua storia. Nel contesto della serie M. Il figlio del secolo, questo elemento aggiunge un ulteriore livello di riflessione: Gorizia, che ha vissuto direttamente sia l’ascesa del fascismo che le sue conseguenze più drammatiche, diventa non solo un set cinematografico, ma un luogo-simbolo della memoria storica. Raccontare il passato in questi spazi significa riconoscere le responsabilità di chi ha favorito la dittatura e, soprattutto, ricordare le sofferenze di chi l’ha subita.

Nel votare una mozione per la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini, non si dovrebbe assistere al solito gioco delle parti tra maggioranza e opposizione, come avviene in tante altre questioni amministrative e politiche. Si tratta di un tema che non dovrebbe essere strumentalizzato per calcoli elettorali o per affermare il predominio di una parte politica sull’altra. Al contrario, dovrebbe essere affrontato con serietà e consapevolezza storica, perché riguarda il valore della memoria, della democrazia e dell’identità antifascista sancita dalla Costituzione italiana. La cittadinanza onoraria a Mussolini non è un semplice retaggio del passato, ma un simbolo di un’adesione che oggi non può più avere spazio. Non si può considerare la revoca come un’operazione di parte, né come una misura ideologica di uno schieramento contro un altro. Il fascismo è stato una dittatura che ha soppresso la libertà, perseguitato minoranze, represso il dissenso e trascinato l’Italia in una guerra devastante. Tenerne traccia negli atti ufficiali di un comune non può che essere una contraddizione rispetto ai principi della Repubblica.

Continuare a mantenere la cittadinanza onoraria significa non prendere una posizione chiara sul passato, mantenendo un’ambiguità che non può avere giustificazioni. Se davvero si vuole dare valore alla memoria e ai principi della Repubblica, il Consiglio comunale ha una sola scelta possibile: revocare senza esitazione quell’onorificenza. Non è una questione di destra o sinistra, ma di rispetto per la storia e per i valori democratici che oggi garantiscono la libertà di tutti.