Ma la guerra non è fatta solo di episodi che si impongono all’istante; è fatta anche – e forse soprattutto – di percorsi più silenziosi, più costanti, più profondi, che non hanno un punto esatto in cui iniziano a essere ricordati e uno in cui finiscono. In questa zona meno spettacolare ma più densa della storia si trova la vita di Margherita Kaiser Parodi, il cui nome non compare nelle prime pagine dei manuali ma attraversa la guerra in modo continuo, discreto e decisivo. Per capire chi fosse, occorre partire dalle radici.
Margherita nacque a Roma il 16 maggio 1897, in una famiglia in cui l’idea di responsabilità civile non era un ornamento ma un tratto caratteriale. Il padre, Giuseppe Kaiser, era un livornese di origini tedesche, uomo ordinato, legato a un senso rigoroso del lavoro e del dovere. La madre, Maria Orlando, proveniva da una delle famiglie che avevano partecipato alla costruzione dell’Italia unita: suo padre, Luigi Orlando, era stato ingegnere navale, figura di spicco della Giovine Italia, sostenitore di Giuseppe Garibaldi e senatore del Regno d’Italia tra il 1890 e il 1892. Morì un anno prima della nascita di Margherita, ma la sua presenza ideale restò viva in casa, in racconti, riferimenti, ricordi. In un contesto del genere, crescere significava sviluppare un senso del Paese non retorico ma quotidiano, una naturale predisposizione a considerare la partecipazione come parte integrante della vita adulta.
Quando l’Italia entrò in guerra nel 1915, la risposta della famiglia fu sorprendente e lineare insieme: non si arruolò solo Margherita, che aveva diciott’anni, ma anche sua madre e sua sorella. Tutte e tre si offrirono come infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana. Non era un gesto simbolico, era una scelta concreta che rispecchiava un modo di essere: se c’è bisogno, si va. Per Margherita, che fino a quel momento aveva conosciuto una vita ordinata fatta di studio e responsabilità familiari, fu un passaggio netto verso un mondo completamente diverso.
Fu assegnata alla Terza Armata e iniziò a operare negli ospedali mobili di Pieris, Medea e lungo l’area del Carso. Gli ospedali mobili erano strutture provvisorie, spesso tende montate su terreni instabili, baracche che si spostavano in base all’avanzamento o alla ritirata della linea del fronte. Non c’era nulla di romantico in quei luoghi: l’odore del disinfettante si mescolava a quello del fango, le lampade tremolavano, l’acqua mancava, i feriti arrivavano senza sosta. In questo ambiente la cura aveva una dimensione soprattutto manuale, fatta di gesti ripetitivi, precisi, necessari. Le bende erano la materia prima del lavoro: si tagliavano, si arrotolavano, si stringevano, si cambiavano in continuazione, spesso mentre i colpi del cannone scuotevano le pareti della tenda. Margherita imparò rapidamente a usarle con competenza e sicurezza. Chi la vide in azione la descrisse come una presenza concentrata, solida, capace di mantenere calma e lucidità anche in condizioni estreme.
Nel maggio 1917, all’Ospedale Mobile n. 2 di Pieris, un bombardamento colpì così vicino da far oscillare la struttura come se dovesse crollare. Le lampade sballottavano nel vuoto, i ferri tintinnavano contro i tavoli e parte del personale cercò riparo. Alcuni soldati, nel panico, tentarono di alzarsi dalle brande nonostante le ferite. Margherita rimase al suo posto. Non fece un passo indietro, non interruppe il suo lavoro, non cercò un rifugio. Continuò a fasciare i feriti, a sostenere chi non riusciva a respirare, a rimettere ordine nelle lenzuola, a calmare chi si agitava più per la paura che per il dolore. Il bombardamento era il rumore di fondo; il suo primo piano era fatto di uomini che cercavano di restare vivi. Quando il fragore cessò, era ancora in piedi accanto ai feriti, nel punto esatto in cui era al momento della prima esplosione. Per questo comportamento le venne conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, una decorazione che non premiava un gesto isolato ma una disposizione d’animo costante: essere lì dove serviva, senza esitazione.
L’armistizio dell’11 novembre 1918 fu un sollievo pubblico ma non cambiò immediatamente il destino di chi lavorava negli ospedali. A Trieste, dove Margherita venne trasferita, le corsie erano ancora piene di uomini indeboliti dalla guerra, e in quel momento esplose con particolare violenza l’ondata della febbre spagnola. La malattia colpiva rapidamente e senza distinzione; chi lavorava vicino ai malati ne respirava l’aria in continuazione. Margherita continuò a svolgere il proprio servizio come aveva sempre fatto, senza distanze, senza protezioni adeguate, senza sottrarsi. Fu proprio in reparto che contrasse l’infezione. La febbre salì in modo improvviso e violento e non le lasciò scampo. Morì il 1º dicembre 1918, a ventun anni, poche settimane dopo la fine ufficiale della guerra.
Fu sepolta al Cimitero degli Invitti della Terza Armata, sul Colle di Sant’Elia. Sul luogo della sua prima inumazione si trova ancora una lapide con un epitaffio che condensa la percezione che i colleghi e i superiori avevano avuto di lei: “A noi, tra bende, fosti di Carità l’Ancella, Morte fra noi ti colse. Resta con noi sorella.” È una frase che non indulge nella retorica ma racconta in modo diretto ciò che era stata: una presenza costante, affidabile, radicata nel lavoro più difficile.
Quando venne costruito il Sacrario militare di Redipuglia, le sue spoglie furono trasferite lì e collocate dietro la grande lapide centrale del primo gradone, immediatamente dietro la tomba del Duca d’Aosta, comandante della Terza Armata. Non fu una collocazione casuale né ornamentale: Margherita faceva parte di quell’armata e lì, simbolicamente, le venne assegnato un posto che riconosceva il suo ruolo. La sua lapide recita semplicemente: “16-V-1897 / 1-XII-1918 / Margherita Kaiser Parodi / Infermiera volontaria C.R.I. / Medaglia di Bronzo.”
Ogni anno, l’8 marzo, il Comune di Fogliano Redipuglia depone un mazzo di fiori sulla sua tomba, mantenendo vivo un gesto che non cerca clamore ma continuità. È un modo discreto e concreto per ricordare una giovane donna che attraversò la guerra intera senza mai spostarsi dal punto dove serviva che fosse.
La figura di Margherita è stata ricordata anche dal Presidente Mattarella in occasione della cerimonia che si è svolta a Trieste a ricordo della cessazione della prima guerra mondiale.

Storia a me non nota ma rettamente interessante . Eroi silenziosi della storia del nostro paese . Onore a lei !
RispondiEliminaChe storia e che vita breve ma intensa
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