Antonio Bonne il sindaco dimenticato di Gorizia

“La storia non sempre premia chi ha servito con onestà. Ma la memoria, quando torna a fiorire, ha una forza silenziosa e tenace.”

Ci sono persone che scompaiono dalle pagine della storia, come se la memoria collettiva non sapesse che farsene di chi ha agito con sobrietà e senso del dovere. Antonio Bonne è una di queste. Primo sindaco democraticamente eletto della Gorizia italiana, avvocato e giudice, fu protagonista di un brevissimo ma cruciale capitolo della vita cittadina. Poi il fascismo cancellò tutto, e con lui la possibilità di ricordare che, almeno per qualche mese, Gorizia fu amministrata da un uomo mite, colto e giusto.

Il 2 novembre 1922 — ovvero 103 anni fa — Bonne uscì dal Municipio di Gorizia con le lacrime agli occhi, costretto dai fascisti a rassegnare le dimissioni. Era stato eletto pochi mesi prima, nel febbraio dello stesso anno, quando il Gruppo d’Azione Friulano (una coalizione di liberali e agrari guidata da Giovanni Verzegnassi) ottenne la maggioranza con 1373 voti su 3610.

La città era allora un mosaico di tensioni: accanto al Gruppo d’Azione sedevano i rappresentanti della Concentrazione slovena, i popolari, i socialisti e i repubblicani. Bonne, moderato e rispettato, fu scelto come figura di equilibrio: parlava con tutti, non gridava con nessuno. Proprio per questo, - si diceva allora - agli occhi dei fascisti, divenne il simbolo di un’Italia “debole” da spazzare via.

Il suo mandato durò meno di nove mesi. In un contesto in cui le squadre d’azione guadagnavano terreno, le difficoltà amministrative — come la mancanza di energia elettrica — furono usate come pretesto per screditarlo. Quando la Marcia su Roma cambiò i destini del Paese, anche Gorizia ne fu travolta. A fine ottobre il prefetto Crispo Moncada sciolse la giunta Bonne e nominò un commissario. Si chiudeva così l’ultima stagione amministrativa libera prima dell’instaurarsi del regime.

Eppure, nonostante il silenzio che ne seguì, Bonne restò nella memoria di chi lo aveva conosciuto come un uomo giusto. Morì nel 1930, quasi ignorato, ricordato solo da una piccola donazione di 50 lire alla Croce Verde “in memoria dell’avv. Bonne”. Sua moglie Petronilla Contin lo seguì nel 1946; i loro resti, trasferiti nel 2001 nella fossa comune, sembravano destinati all’oblio definitivo.

Ho scelto di raccontare questa storia non come esercizio di ricostruzione accademica, - altri lo hanno fatto con serietà e rigore - ma come gesto di restituzione civile. Perché, dietro la figura istituzionale, c’era un uomo di legge, un cittadino onesto, un goriziano che credeva nella convivenza tra culture e quindi dovrebbe stare nella memoria viva della città.

Ricordarlo oggi, nell’anno in cui Nova Gorica e Gorizia sono Capitale Europea della Cultura, assume un valore politico e simbolico fortissimo. Bonne fu destituito anche perché la sua lista aveva raccolto il sostegno della rappresentanza slovena, in un tempo in cui la parola “convivenza” era considerata una debolezza. Oggi, a distanza di un secolo, celebrare quella scelta interetnica significa dare corpo allo spirito di GO!2025, che unisce due città e due culture dopo un secolo di divisioni. Mettere il suo ritratto nella galleria dei sindaci — là dove manca — sarebbe non solo un atto di giustizia, ma un segno tangibile di riconciliazione.

Ascoltare — e rileggere — questa storia oggi non è nostalgia, ma consapevolezza. È un invito a guardare Gorizia con occhi nuovi, riconoscendo che la sua forza, ieri come oggi, nasce proprio dai suoi confini.

L’immagine che accompagna questo testo è una ricostruzione digitale realizzata da un programma che usa la IA a partire da frammenti di foto storiche. Un modo per restituire un volto a chi la storia aveva lasciato nell’ombra.

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