Non
è bello ciò che è bello; ma è bello ciò che piace. Me lo dicono sempre tutti ed
ho imparato a smetterla di voler far prevalere il mio punto di vista, perché mi
sono resa conto che è molto fastidioso. E mi sono ripromessa anche di non
guardare più, scandalizzata, colui il quale – a tavola di fronte a me – lecca il
coltello. Anche se è cosa che non si fa. Ma chi lo dice che non si lecca il
coltello, che quando si incontra una persona anziana si cede il passo, che è la
donna ad stendere la mano per un saluto e mai viceversa, e che il baciamano lo
si fa soltanto alle donne coniugate e mai alle donne nubili?. Lo dice il Galateo,
con la G maiuscola.
E per me, che delle regole di scrittura ho sempre fatto un vanto seguirle, (nel senso che la iniziale maiuscola contraddistingue soltanto i nomi propri e non è corretto, pertanto, abusarne come sono in molti soliti a fare per enfatizzare il termine) non è poca cosa. Il Galateo, infatti, è il nome proprio dell’insieme delle regole scritte a metà del 1500 e che comprendevano il corteggiamento, la composizione a tavola, la corretta stesura delle lettere, l’organizzazione del matrimonio, la comunicazione e l’educazione. Insomma, le regole per la civile convivenza. Il nome Galateo deriva da Galeazzo Florimonte, vescovo di Sessa Aurunca ma anche fine umanista, letterato e riformatore. Fu lui, in sostanza, ad ispirare a monsignor Giovanni Della Casa il libro diventato celebre del viver civile. Il titolo dell'opera, infatti, corrisponde alla forma latina del nome Galeazzo: Galatheus, appunto. Onore al merito, quindi.
E per me, che delle regole di scrittura ho sempre fatto un vanto seguirle, (nel senso che la iniziale maiuscola contraddistingue soltanto i nomi propri e non è corretto, pertanto, abusarne come sono in molti soliti a fare per enfatizzare il termine) non è poca cosa. Il Galateo, infatti, è il nome proprio dell’insieme delle regole scritte a metà del 1500 e che comprendevano il corteggiamento, la composizione a tavola, la corretta stesura delle lettere, l’organizzazione del matrimonio, la comunicazione e l’educazione. Insomma, le regole per la civile convivenza. Il nome Galateo deriva da Galeazzo Florimonte, vescovo di Sessa Aurunca ma anche fine umanista, letterato e riformatore. Fu lui, in sostanza, ad ispirare a monsignor Giovanni Della Casa il libro diventato celebre del viver civile. Il titolo dell'opera, infatti, corrisponde alla forma latina del nome Galeazzo: Galatheus, appunto. Onore al merito, quindi.
Regole
regole e regole. La loro L’importanza potrebbe anche esserlo soltanto da un
punto di vista esteriore ma, poiché non siamo animali solitari bensì animali
abituati a vivere in branco, comportarci in maniera corretta non può che
giovarci. Il Galateo nato nel 1558 aveva come protagonisti le classi sociali di
quel periodo ma, nonostante ci siano stati tanti cambiamenti nel corso della
storia, ancora oggi il galateo rappresenta un utile parametro di riferimento. La
mia passione per il galateo nacque una vita fa, con la lettura di un libretto
che si chiamava “Sempre garbata bella se vuoi” e che mia madre ricevette in
omaggio in quanto abbonata al settimanale Alba. Fu amore a prima vista. Se il
sogno di essere invitata al ballo di Cenerentola si fosse realizzato, avrei
stupito tutti con la mia classe. Come Audrey Hepburn nel film Sabrina, tanto
per intenderci. In un’epoca in cui tutto è banalizzato, che ha successo alla tv
un programma dove i conduttori invitati a cena si presentano a casa degli
ospitanti in jeans e maglietta (quando va bene) il successo della serie
televisiva Downton Abbey, un paio di anni fa, fa riflettere e sperare che, forse,
non tutto è perduto. Che nel mare magnum della volgarità qualche embrione di
voglia di stile è rimasto. E allora via! Lanciamo online questo virus fatto di
garbo e di nostalgia, non preoccupandoci più di tanto se infetterà la rete.
Anzi sognando che ciò possa accadere.
Di
Galateo ne parleremo mercoledì prossimo 21 novembre, alle 18, in sala Dora
Bassi in via Garibaldi a Gorizia. Un’occasione da non perdere per affrontare
assieme un argomento che a prima vista potrebbe apparire scontato, mentre invece
è presupposto di convivenza; nella sua accezione più ampia del termine.
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