Quando il mistero bussa alla porta e la mia Zita

Qualche giorno fa ho presentato il nuovo libro di Natasha sulle streghe e i benandanti. È stata una serata intensa. Ricordo il silenzio attento della sala mentre Natasha raccontava ed io intanto pensavo ai processi, alle donne che camminavano nei campi di notte, alle paure che il potere trasformava in colpe. A un certo punto ho sentito un brivido – non di paura, ma di riconoscimento. Quelle storie parlavano anche di noi, del nostro bisogno di senso, del nostro rapporto con ciò che non possiamo controllare.

Poi, pochi giorni dopo, è uscito il mio Donne tra due mondi che presenterò venerdì 10 ottobre. Da sempre il venerdì è il mio giorno fortunato e quindi spero tanto lo sia anche in questa occasione. Nel libro ci sono tante voci femminili, e tra loro c’è Zita, la raccoglitrice di erbe. Quando ho scritto di lei, ho immaginato le sue mani sporche di terra e il cesto colmo di radici e foglie. Ho sentito che il suo sapere è un sapere che rischiamo di perdere: un sapere che non si pesa, non si cataloga, ma si trasmette vivendo.

Questi due momenti si sono illuminati a vicenda e mi hanno riportato a una convinzione che sento sempre più forte: l’Illuminismo ci ha dato la ragione, ma ci ha tolto qualcosa. Ha acceso la luce, ma in quella luce abbiamo perso il buio in cui si vedono le stelle. Ha aperto la strada a un materialismo che riduce il mondo a ciò che è misurabile, lasciando fuori il mistero, il sacro, l’intuizione.

Io credo che sia tempo di riequilibrare. Non per tornare indietro, ma per dare di nuovo cittadinanza a ciò che non possiamo spiegare. A quell’istante in cui una coincidenza ci commuove, a quella sensazione che ci avverte di qualcosa, a quella conoscenza che non nasce dai libri ma dal corpo, dalla terra, dal cuore.

Zita, con il suo cesto di erbe, per me è anche questo: un invito a non perdere il contatto con ciò che sfugge ai calcoli. A fermarsi davanti a un prato fiorito senza cercare subito il nome latino di ogni pianta. A fidarsi dell’istinto quando la ragione non basta. A lasciare che il mistero entri nella nostra vita senza paura, perché è lì che possiamo ritrovare un senso più profondo. Forse il futuro di cui abbiamo bisogno è proprio questo: un futuro che sappia integrare luce e ombra, scienza e spiritualità, progresso e stupore. Un futuro in cui la razionalità non cancella la magia, ma la affianca.

Donne tra due mondi. Storie sul confine goriziano è già disponibile alla UBIK, LEG e Faidutti in via Oberdan. On Line nel sito dell'editore MGS Press, cliccando qui: acquista il libro oppure sui diversi portali specializzati.

Il Libro delle 18.03 – Diciotto anni di storie che continuano

Gorizia è una città piccola ma sorprendente: nel giro di una settimana può offrire più eventi culturali di quanti se ne possano seguire. Presentazioni, concerti, mostre, incontri con autori: a volte bisogna davvero scegliere a cosa rinunciare. Ma è un buon segno, perché vuol dire che la città è viva, che la cultura circola e che la gente ha voglia di partecipare.

Dentro questo panorama, “Il Libro delle 18.03” è diventato una specie di bussola. Diciotto anni fa, nella sala della stazione ferroviaria, tutto era iniziato quasi per gioco: il libro di un amico, Giorgio Mosetti, due altri autori regionali e un pubblico curioso. Doveva essere una parentesi di un mese, nell’ottobre del 2008. E invece no: da lì è nata una rassegna che oggi attraversa stagioni, generazioni e luoghi, capace di trasformare la presentazione di un libro in un vero momento d’incontro.

Negli anni, le “18.03” hanno creato un pubblico fedele, che riempie le sale e che spesso non basta più a contenerlo. La maggioranza è formata da lettori maturi, ma ci sono sempre più studenti delle scuole superiori che portano energia e domande nuove. È un segnale importante: vuol dire che la lettura non è affatto una pratica in declino, ma che va proposta nel modo giusto, in luoghi dove ci si sente accolti e coinvolti.

Quest’anno la rassegna festeggia i diciotto anni di attività, un traguardo importante che segna quasi due decenni di incontri, dialoghi e libri che hanno accompagnato la crescita culturale di Gorizia. In pieno GO!2025, “Il Libro delle 18.03” si fa ancora più diffusa: tredici appuntamenti che toccheranno Gorizia, Nova Gorica e l’Isontino, e un’uscita speciale tra le montagne della Carnia per unire libri, arte e gusto in un’unica giornata.

Di tutto questo ho parlato con Paolo Polli, presidente dell’associazione e ideatore della rassegna. Nell’episodio di Voci dal Confine che trovate qui sotto, racconta com’è nata l’idea, cosa è rimasto di quell’atmosfera della stazione e perché continua a valere la pena, dopo 18 anni, sedersi a parlare di libri. Qui l'intervista su youtube e questo sotto il programma definitivo

28 settembre – Villa Codelli, Mossa: lectio domenicale “I giovani e il posto di lavoro” con Daniele Marini (Università di Padova).

1° ottobre – Trgovski dom: evento “Il movimento del volo” con Maddalena Rebecca in dialogo con Antonella Sbuelz.

3 ottobre – Auditorium Formedil: Angelo Floramo presenta Vita nei campi in dialogo con Stefano Cosma.

8 ottobre – Fabrizio Bozzetti presenta Margherita dei ribelli. Sorella, eretica, rivoluzionaria con Andrea Bellavite.

9 ottobre – Kulturni dom: Mimmo Sammartino con Nostra Regina dei burroni e delle mosche dialoga con Romina Koncina ed Ezio Benedetti.

16 ottobre – Andrea Vitali presenta La profezia del povero Erasmo con Mario Brandolin.

17 ottobre – Mediateca Casiraghi: Robert Schuhmann con Ciclovia Alpe Adria dialoga con Nevio Costanzo.

22 ottobre – Silvana Dragutinović con Enzo Martines presenta Donne che pensano di notte, a cura di Fabiana Dallavalle.

24 ottobre – Casa Candussi-Pasiani, Romans d’Isonzo: Gianni Oliva presenta Il pendio dei noci con letture di Valentina Verzegnassi.

28 ottobre – Irina Ganiceva presenta Origini in dialogo con Barbara Sturma e Igor Komel.

29 ottobre – Libreria Caffè Maks, Nova Gorica: Cristina Noacco con Marko Tavčar presenta l’edizione in sloveno di Timavo Natisone Isonzo – Fiumi, uomini e confini.

31 ottobre – Palazzo Torriani, Gradisca: chiusura della rassegna con Guida anacronistica di Venezia di Pascal Bonafoux e Safet Zec, in dialogo con Hana Zec e Federico Fazzi. 11 ottobre – Uscita speciale: partenza alle 8.30 dal piazzale della Casa Rossa per Tolmezzo (Museo delle Arti e delle Tradizioni popolari), sosta al Filo dei Sapori e pomeriggio a Illegio per visitare la mostra Ricchezza. Dilemma perenne.

Gorizia, il cielo e i fratelli Rusjan

Ci sono ricordi che non sbiadiscono mai. Ogni volta che passo davanti all’aeroporto di Gorizia mi sembra di tornare agli anni Sessanta, quando io e la mia compagna di banco frequentavamo il corso di cultura aeronautica. Arrivavano ragazzi e ragazze da tutta Italia, e per qualche settimana Gorizia diventava un piccolo centro del mondo: il cielo vibrava del rumore dei motori, le divise dell’Aeronautica ci facevano sentire importanti, e ogni decollo ci dava la sensazione che il futuro fosse lì, proprio davanti a noi.

Quest’anno quel futuro è tornato. Dal 5 al 15 maggio 2025, Gorizia ha ospitato di nuovo il Corso di Cultura Aeronautica, organizzato dall’Aeronautica Militare con i velivoli SIAI U-208 del 60° Stormo. Per dieci giorni, 140 studenti delle scuole superiori del Friuli Venezia Giulia hanno seguito lezioni di aerodinamica, meteorologia e sicurezza del volo, per poi salire davvero a bordo e provare l’emozione di vedere la città dall’alto. Ho seguito con curiosità e un pizzico di nostalgia queste giornate: negli occhi dei ragazzi ho rivisto la stessa meraviglia che avevo io allora.

Questa è stata anche l’occasione per raccontare una storia che mi sta a cuore: quella dei fratelli Edi e Pepi Rusjan, i pionieri dell’aviazione goriziana. Nel novembre del 1909, con la loro “trapola de carta”, sollevarono da terra il primo velivolo mai costruito qui e aprirono una stagione di sperimentazioni che avrebbe cambiato per sempre il nostro rapporto con il cielo.

E, per la prima volta, sono riuscita a far rivolare digitalmente la loro EDA VI: grazie a DeeVid AI, ho trasformato una vecchia foto in un breve video che mostra l’aereo in volo. Ho lasciato anche il rumore del motore: un suono grezzo e potente, che sembra riportare tutti noi su quei prati dell'areoporto di Merna oltre cent’anni fa. Potete vederlo alla fine del mio nuovo episodio del podcast, su YouTube.

Per me è stato come chiudere un cerchio: dalla ragazza che sognava davanti alla palazzina dell’Aeronautica, agli studenti di oggi che si affacciano al mondo del volo, fino a Edi Rusjan che torna a decollare davanti ai nostri occhi. Gorizia, per qualche giorno, è tornata a essere la città dove il cielo si guarda non solo con la testa all’insù, ma con il cuore.

Leggi l’articolo su AvioHub

Appunti di un giovedì in piazza Vittoria

Da un paio di mesi, con un piccolo gruppo di amiche – il numero varia, ma non scendiamo mai sotto le quattro – ci diamo appuntamento il giovedì per una chiacchierata e un caffè. Una consuetudine semplice, che però ci regala sempre qualcosa di nuovo: cambiamo ogni volta locale, come se fosse un piccolo viaggio settimanale.

Siamo già passate per il rinnovato Caffè Garibaldi e per il Teatro, ma oggi la tappa è stata piazza Vittoria, nell’omonimo caffè gestito da una coppia di giovani cinesi: gentili, sorridenti, attenti. Io ho mantenuto la mia abitudine: spremuta d’arancia prima e caffè dopo. Entrambi ottimi, da consigliare senza esitazione. E i pasticcini? Una tentazione vera. Peccato che la mia dieta rigidissima mi tenga a distanza da quei vassoi luccicanti sotto vetro, tanto belli quanto proibiti.

Perché ne scrivo oggi? Per due episodi che ci hanno fatto ridere di gusto. Il primo è stato quando ci siamo accorte di essere tutte e quattro vestite di blu scuro. Una di noi, con la prontezza che solo l’ironia femminile sa avere, ha sintetizzato: “Blu Armani.”

Il secondo momento è nato da una conversazione più seria: lo stress, compagno fedele delle donne di ogni età, con tutte le conseguenze che si porta dietro. Nel mio caso, un’irritazione agli occhi che non vuole saperne di passare. Eppure anche da lì siamo scivolate subito verso altro: oggi infatti nel mio podcast Voci dal confine ho pubblicato l’intervista con la storica Marta Verginella. Ho raccontato alle amiche quanto mi abbia colpito il suo intervento, e il dispiacere che nessun rappresentante delle istituzioni fosse presente ad ascoltarlo. Ma soprattutto ho condiviso con loro una curiosa coincidenza: la copertina del mio libro, che sarà presentato il 10 ottobre, richiama in modo sorprendente un suo volume uscito un paio di anni fa. Naturalmente l’ho informata — era doveroso — ma alla fine l’ho presa come un segno di sintonia. Due percorsi diversi che, senza saperlo, si sono incontrati.

Prima di salutarci, una di loro mi ha allungato una borsa con un sorriso enigmatico: “Tu saprai che farne.”

Solo a casa ho scoperto il contenuto: tovaglie e servizi all’americana in organza di lino ricamata. Oggetti delicati, d’altri tempi. Io che ho sempre avuto una passione per le cose antiche, sono rimasta senza parole: era come se mi fosse arrivato in dono un frammento di memoria tessuto a mano.

Forse è proprio questo il bello dei giovedì insieme: tra un caffè, un vestito blu e una confidenza, la vita continua a sorprendere. A settant’anni ho capito che i fili invisibili che ci collegano agli altri – amiche, storiche, libri, persino copertine e tovaglie ricamate – sono i veri regali del tempo.

(L'immagine è una rielaborazione di una foto scattata da Beny Kosic fatta con Canvas in stile Hopper.)

Nora Ggregor. Il silenzio dopo gli applausi

Di Nora Gregor ho già scritto, tempo fa. Allora mi sembrava che il suo nome fosse quasi dimenticato in città, come se la sua voce si fosse davvero spenta per sempre. Oggi, invece, sono felice di riparlarne: perché finalmente, a Gorizia, Nora non è più un’ombra senza volto.

Attrice amatissima a Vienna, protagonista a Hollywood e musa di Renoir, la sua parabola fu segnata dall’esilio e da un epilogo lontano, in Sudamerica. Una vita intensa e fragile, che riflette le ferite del Novecento.

Alla sua riscoperta ha contribuito in modo decisivo Hans Kitzmüller. Nel 2014 è uscito in tedesco per Braitan il suo romanzo Weit weg von Wien, che ha riportato Nora al centro dell’attenzione. L’edizione italiana, col titolo Lontano da Vienna, è apparsa nel 2023 per Vita Activa a Trieste. Lo stesso Kitzmüller, di recente, ne ha parlato anche nella rassegna libraria Camporossoracconta, confermando quanto la sua figura continui a suscitare interesse e passione.

Oggi Nora è anche la protagonista del mio nuovo Racconto della domenica, in forma di intervista immaginaria. Un dialogo che le restituisce la parola, riportandola per un attimo fra noi, grazie alla voce calda dell'amica Sibilla Pinocchio che, volentieri, ha partecipato a questa esperienza.

E non è finita qui: a custodirne la memoria ci sono anche le passeggiate organizzate da Kinoatelje, alla scoperta delle tracce di Nora in città. La prossima è in programma il 20 settembre.

È bello pensare che Gorizia si stia riappropriando di una sua figlia, e che il silenzio dopo gli applausi non sia più solo oblio ma memoria viva.

👉 Qui trovate il podcast con l’intervista: https://youtu.be/v3v0JRdJnxw

Il verde che resta. Cinque domande a Luca Mercalli sul caso Parco Coronini

foto dal web https://www.nordestnews.it
In questi giorni Gorizia si fregia del titolo di Verde Capitale (d’Italia?). Mostre botaniche, passeggiate tra alberi e profumi, conferenze pubbliche. Una festa del paesaggio, della natura, del verde urbano. Eppure, proprio mentre celebriamo la bellezza del verde, è impossibile non pensare a ciò che di verde abbiamo perso.

Sto parlando del Parco Coronini, uno dei luoghi più amati dai goriziani. Nei mesi scorsi, nell’ambito di un intervento finanziato con fondi PNRR, sono stati abbattuti numerosi alberi maturi, alcuni in perfetta salute, per restituire al parco la sua “forma originaria” ottocentesca. Una scelta che ha sollevato domande, perplessità, amarezza. E che merita una riflessione più ampia.

Per questo, approfittando della sua partecipazione al convegno della Società Botanica Italiana (in forma virtuale), ho deciso di interpellare Luca Mercalli, climatologo, presidente della Società Meteorologica Italiana e voce autorevole quando si parla di ambiente e crisi climatica. Gli ho inviato cinque domande, centrate sul caso Coronini ma con uno sguardo più ampio.

“Oggi gli alberi urbani non sono più solo elementi decorativi”, mi ha risposto, “ma vere e proprie infrastrutture ambientali. Riducono la temperatura cittadina, assorbono CO₂, offrono ombra e benessere. E abbatterli, se non c'è un pericolo reale e documentato, è una scelta che si paga cara. Anche in termini di salute collettiva.”

Gli ho chiesto se abbia ancora senso, nel 2025, sacrificare alberature urbane in nome di un disegno storico. La sua risposta è stata netta: «L’unica giustificazione accettabile per l’abbattimento è la sicurezza. Altrimenti, meglio conservare il patrimonio esistente, che ha richiesto decenni per crescere.» E aggiunge: «Un nuovo albero impiega almeno vent’anni per raggiungere una taglia utile. Sempre che si scelgano specie ad alto fusto, e non essenze più piccole, che non compenseranno mai davvero la perdita.»

Sul concetto stesso di paesaggio, Mercalli è altrettanto chiaro: “Oggi il paesaggio non può più essere pensato come semplice estetica. Deve dialogare con l’ecologia, con la crisi climatica, con la resilienza delle città.”

Infine, gli ho chiesto: se fosse chiamato a valutare un intervento come quello del Parco Coronini, quali criteri scientifici ed ecologici applicherebbe? La risposta: diagnosi puntuali, trasparenza, attenzione alla sicurezza, ma soprattutto sobrietà nelle scelte. Limitare gli abbattimenti, e rinnovare solo dove davvero necessario.

Le sue parole – che potete ascoltare nella versione integrale nel podcast Voci dal Confine – mi sembrano un invito a cambiare prospettiva. Valorizzare il verde non significa restaurarlo come si restaurerebbe un affresco. Significa accettarne la vita, la crescita, le trasformazioni. E scegliere, ogni giorno, da che parte stare.