Paolo Mieli, noto giornalista e storico, sul quotidiano locale del 16 marzo scorso ha sottolineato come Gorizia abbia un'importanza storica significativa, ma ritiene che l'attuale impatto mediatico dell'evento GO!2025 sia inferiore alle aspettative. Egli si aspettava una serie di iniziative straordinarie che mettessero in luce la peculiarità della città, ma finora non le ha riscontrate. Mieli ha evidenziato anche che, a differenza di altre città come Matera, (capitale europea della cultura 2019) Gorizia ha la responsabilità di rappresentare un simbolo di integrazione europea, soprattutto in un periodo in cui emergono nuove tensioni geopolitiche. Egli ha auspicato che Go!2025 possa andare oltre le attività culturali tradizionali, promuovendo riflessioni profonde sul futuro dell'Europa e sul superamento delle divisioni storiche. In conclusione, Mieli invita Gorizia a sfruttare appieno l'opportunità offerta da Go!2025 per affermarsi come faro culturale e politico, capace di ispirare l'intero continente verso una maggiore coesione e integrazione.
Sante parole! Come si suol dire ... Paolo Mieli a mio avviso, tuttavia, interpreta la situazione con uno sguardo "da fuori", senza considerare la particolarità del carattere goriziano. Gorizia non è una città che ama le "iniziative clamorose", non ha una mentalità da vetrina o da grande evento spettacolare. La sua storia l’ha resa discreta, quasi schiva: è una città che vive di sottili equilibri, di una memoria complessa, di stratificazioni silenziose. Non è mai stata incline agli slanci roboanti, ma piuttosto a una cultura più sommessa, introspettiva, basata su piccole ma profonde connessioni tra le persone e i luoghi. Forse è proprio questo il punto che Mieli non ha colto: Gorizia non ha bisogno di effetti speciali per raccontarsi, perché la sua unicità sta nei dettagli, nelle tracce della sua storia, nella sua natura di confine vissuto più che proclamato. Questo, però, pone una sfida: come conciliare questa identità più discreta con la necessità di far emergere Go!2025 a livello europeo? Come trovare un modo per raccontarsi senza snaturarsi? Forse più che "clamore", ciò di cui c’è bisogno è "un racconto autentico", capace di trasmettere la profondità di questa città a chi non la conosce. Se Gorizia non fa rumore, deve almeno riuscire a far risuonare la sua storia, la sua memoria e la sua vocazione all’incontro. Il rischio, altrimenti, è quello di passare inosservati non per scelta, ma per mancanza di strategia.
Insomma, il carattere discreto di Gorizia è una sua peculiarità, ma questo non deve diventare un limite. Ed allora è proprio il caso di rimboccarsi le maniche! Un congresso di alto livello, come suggerisce Mieli, sarebbe un’occasione preziosa per dare a Go!2025 una risonanza più ampia, senza snaturare l’identità della città. Gorizia ha tutte le carte in regola e strutture adeguate per ospitare un grande evento culturale e storico che non sia solo un’esposizione artistica o letteraria o un festival di intrattenimento, ma un vero momento di riflessione internazionale sul significato delle frontiere, della convivenza tra popoli e della memoria europea. Potrebbe essere un convegno internazionale su confini, identità e riconciliazione, con ospiti di alto profilo, storici, sociologi, filosofi, scrittori, artisti e testimoni diretti dei cambiamenti avvenuti nella regione. Un evento che non parli solo di Gorizia, ma che parta da Gorizia per affrontare temi centrali per l’Europa di oggi:
- Il ruolo delle città di confine nell’integrazione europea
- L’evoluzione dell’identità in territori multietnici
- La memoria delle guerre e il superamento delle divisioni
- Il rapporto tra locale e globale nell’epoca della digitalizzazione
Se ben progettato, un congresso del genere potrebbe diventare il cuore simbolico di Go!2025, restituendo a Gorizia il ruolo che le spetta: non una città qualsiasi, ma un laboratorio storico e culturale di straordinaria importanza.
Peraltro, la recente consegna del Premio Ilario e Taziano a Borut Pahor e Sergio Mattarella non può restare un semplice gesto simbolico, ma deve trasformarsi in un’opportunità concreta per rafforzare il ruolo di Gorizia e Nova Gorica come modello di convivenza europea. Entrambi i leader hanno dimostrato, con azioni e dichiarazioni, il loro impegno nel superamento delle divisioni del passato e nella costruzione di una memoria condivisa. Sarebbe dunque naturale coinvolgerli attivamente nell’organizzazione di un convegno internazionale di alto profilo, capace di dare a Go!2025 una risonanza non solo culturale, ma anche politica e storica. Un evento che affronti i temi delle frontiere, della riconciliazione, dell’identità nei territori plurali, richiamando esperti, istituzioni e personalità europee.
La presenza di Pahor e Mattarella potrebbe fungere da catalizzatore per attrarre personalità di rilievo, garantire il patrocinio di istituzioni come l’Unione Europea e il Consiglio d’Europa, e soprattutto dare una direzione chiara a Go!2025: non solo un evento artistico, ma un’occasione per riflettere sul futuro dell’Europa, partendo dall’esperienza di una città che ha vissuto il confine nella sua complessità. Perché il superamento delle divisioni non è un processo che si esaurisce con la caduta di un confine fisico, ma richiede un lavoro costante di elaborazione storica, culturale e sociale.
Perché ciò accada, è necessario passare all’azione: serve una proposta chiara, strutturata, capace di coinvolgere Mattarella e Pahor non solo come ospiti d’onore, ma come promotori di un evento che lasci il segno. Gorizia deve avere il coraggio di fare un passo avanti, di trasformare la sua storia in un modello per l’Europa di domani. Tuttavia, il vero rischio è che questa occasione venga sprecata per mancanza di visione e volontà politica. Gorizia ha davanti a sé una possibilità storica: uscire dall’ombra e farsi riconoscere come laboratorio europeo di dialogo e memoria. Ma senza un impegno concreto da parte delle istituzioni locali e nazionali, senza una strategia chiara per coinvolgere figure di rilievo come Pahor e Mattarella, tutto potrebbe ridursi a una serie di eventi scollegati, privi di un messaggio forte e duraturo.
È lecito chiedersi se ci sia davvero la determinazione necessaria per trasformare Go!2025 in qualcosa di più di un cartellone di iniziative culturali. Se prevarrà l’approccio prudente e autoreferenziale, Gorizia rischia di perdere l’opportunità di dare un contributo reale al dibattito europeo e di restare nell’ombra, senza riuscire a far emergere la sua unicità. Serve coraggio, serve una visione che guardi oltre l’evento in sé e pensi a cosa Go!2025 potrebbe lasciare in eredità alla città e all’Europa. Il tempo stringe. Se non si agisce ora, Gorizia rischia di restare spettatrice della propria storia, invece che protagonista del proprio futuro.
Hai detto benissimo Marilisa, ci vuole visione e strategia sul ruolo che potrebbe avere Gorizia, oltre che volontà politica e istituzionale. E naturalmente, da parte di coloro che dovrebbero agire, una profonda conoscenza della storia complessa di questa città e volerle bene
RispondiEliminaVolerle bene .... già!
EliminaSono d'accordo con entrambe le analisi, di Mieli e di Marilisa che non sono antitetiche ma riflettono due facce della stessa Gorizia. Il convegno di alto profilo è un'idea da perseguire sicuramente. So che era stato proposto anche un convegno internazionale, interreligioso che aggregasse
RispondiEliminatutte le fedi del territorio transfrontaliero, da fare per GO2025 ma poi non si è più saputo nulla. Erano coinvolti Comune, Diocesi, varie associazioni e confraternite del territorio. A chi rivolgersi dunque per organizzare il convegno? L'università, forse.
Certo l'Università con la facoltà di scienze diplomatiche potrebbe svolgere un ruolo fondamentale.
EliminaConcordo pienamente sul fatto che le analisi di Mieli e la mia non siano antitetiche, ma rappresentino due aspetti della stessa Gorizia: una città ricca di storia e potenzialità, ma anche con una certa difficoltà a proiettarsi nel futuro con iniziative di ampio respiro. Il convegno internazionale di alto profilo è un'idea che va perseguita con determinazione, proprio perché potrebbe dare a Go!2025 una direzione chiara e lasciare un’eredità concreta per il territorio.
EliminaInteressante anche la proposta del convegno interreligioso che coinvolga tutte le fedi del territorio transfrontaliero: sarebbe un’occasione preziosa per valorizzare l’identità multiculturale di Gorizia e Nova Gorica. Il fatto che se ne sia parlato, ma poi non se ne sia saputo più nulla, dimostra quanto sia necessario dare continuità e struttura a queste iniziative.
A chi rivolgersi per organizzare un convegno del genere? L’Università di Trieste, con la Facoltà di Scienze Diplomatiche a Gorizia, e l’Università di Lubiana potrebbero essere partner ideali, sia per la solidità accademica che per la capacità di coinvolgere istituzioni europee. Ma sarebbe importante anche il sostegno del Comune e della Regione, per garantire la fattibilità dell’evento. Inoltre, un’iniziativa di questo livello potrebbe avere il patrocinio di istituzioni come l’Unione Europea e il Consiglio d’Europa, per dargli la giusta risonanza.
La chiave è passare dalle idee all’azione, individuando al più presto un tavolo di lavoro tra enti accademici, amministrazioni e associazioni del territorio. Se davvero si vuole che Go!2025 lasci un segno, questo è il momento di agire.
Mi sono sempre chiesta perché Gorizia non abbia mai chiamato il prof. Carlo Rubbia a fare un convegno in città. GO 2025 sarebbe l'occasione per organizzare un convegno di fisica, data la vicinanza con Elettra-Sincrotrone, il centro di ricerca internazionale di Trieste, dov'è stato Presidente del Laboratorio di Luce di Sincrotrone, dal 1986 al 1994. Ma ormai per quest'anno è un po' tardi, ci si potrebbe pensare per il 2026, come prosecuzione di GO2025.
EliminaForse è troppo presto per fare bilanci su GO25 tuttavia concordo nel ritenere una grande opportunità per le due città di valorizzare la peculiarità della storia di questo territorio. La proposta del convegno internazionale mi trova d'accordo purché faccia da apripista ad un laboratorio permanente di studi storici e culturali (linguistici) orientati all' integrazione europea. A Gorizia c'è il corso di laurea in scienze diplomatiche e a Nuova Gorica c'è un operoso Istituto di Ricerche storiche dipendente dall'Università di Lubiana. Non ci sarebbe bisogno, dunque, di scomodare Presidenti e ex Presidenti della Repubblica, sarebbe sufficiente che le Università di Trieste e di Lubiana ragionassero insieme per realizzare questo progetto comune. Conosco poco la realtà slovena, meglio quella goriziana che trovo troppo ripiegata su se stessa e sul suo passato e fatica a proiettarsi nel futuro .
RispondiEliminai convegni servono, eppure mi pare che c'è bisogno di andare oltre a dichiarazioni e pensieri. c'è bisogno di fatti concreti, di cooperazione effettiva e efficace, di volontà prospettive. un piano regolatore comune, un'organizzazione della sanità comune, una gestione ambientale comune e anche altro, ci sono molti argomenti concreti da realizzare per superare nel concreto il significato politico e amministrativo di una linea di confine. per realizzare fatti concreti ci vuole una volontà ferma e precisa che, mi pare, difficilmente si può trovare nei convegni. i convegni sono utili per lanciare speranze, visioni, prospettive. ci vuole anche la concretezza di progetti e di investimenti. ottime riflessioni Marilisa, grazie
RispondiEliminaOvviamente concordo sul fatto che i convegni, da soli, non bastino. Le dichiarazioni di intenti sono importanti, ma senza progetti concreti rimangono parole. Tuttavia, credo che un grande convegno internazionale non debba essere visto come un'alternativa alla concretezza, bensì come un punto di partenza per rendere possibili quegli stessi progetti che giustamente vengono auspicati.
EliminaPer avviare una vera cooperazione transfrontaliera, servono strategie comuni, serve coinvolgere le istituzioni, serve far emergere la volontà politica necessaria per realizzare i piani che tu ritieni necessari. E per farlo, è essenziale che queste tematiche entrino nell’agenda politica e culturale europea. Altrimenti ti diranno: non si può fare.
Un convegno di alto livello, con il coinvolgimento di esperti, rappresentanti istituzionali e attori del territorio, può essere il trampolino per attrarre finanziamenti, risorse e attenzioni internazionali, per trasformare Gorizia e Nova Gorica in un vero laboratorio di cooperazione concreta. La storia insegna che nessun grande cambiamento nasce nel vuoto: serve visione, serve dibattito, ma soprattutto serve la volontà di passare dalle idee ai fatti.
Il punto cruciale, quindi, non è “se fare un convegno o no”, ma come renderlo il punto di partenza per azioni tangibili e durature. E qui sta la vera sfida: riuscire a costruire un evento che non si limiti a generare discussioni, ma che lanci progetti concreti e impegni reali per il futuro delle due città.
Le tue parole mi colpiscono (come sempre del resto) e mi trovano pienamente d’accordo. Gorizia è davvero come la sua Rosa, questo radicchio unico e prezioso che cresce grazie a una cura attenta e paziente. Non si tratta di una bellezza appariscente, immediata, ma di qualcosa che si scopre con il tempo, che si rivela solo a chi sa apprezzarne la profondità.
RispondiEliminaLa sua storia, complessa e stratificata, è ancora in parte inesplorata, proprio come quel “baratro” che giustamente menzioni: pensiamo di conoscerla, ma spesso ne abbiamo solo scalfito la superficie. E forse è proprio questa sua natura riservata e discreta che la rende così difficile da valorizzare pienamente.
Hai ragione: Gorizia ha tutto per rinascere, per tornare a essere il crocevia culturale e internazionale che fu in passato. Le lingue diverse che oggi si sentono per le strade sono un segnale di apertura, un soffio di quel respiro mitteleuropeo che un tempo caratterizzava la “Gogizia” degli anni d’oro. E se oggi possiamo immaginare una Gorizia che torna a essere punto d’incontro tra culture, non lo dobbiamo solo alla sua storia, ma alla possibilità di trasformare questa identità in un progetto per il futuro.
Forse, come dici, il vero limite sta proprio nel fatto che chi ci vive tende a darla per scontata. Non è la prima volta che città straordinarie restano nell’ombra finché qualcuno non riesce a guardarle con occhi nuovi, con lo stupore e la consapevolezza che il loro valore non sta solo nella memoria, ma nelle potenzialità inespresse.
Go!2025 potrebbe essere l’occasione per coltivare questa eredità e farla maturare, come accade con la Rosa di Gorizia, che ha bisogno di pazienza e dedizione per raggiungere il suo massimo splendore. Ma serve un cambio di mentalità, serve che la città impari a vedersi con lo sguardo di chi la scoprirebbe per la prima volta, senza darla per scontata, senza lasciarla appassire nella nostalgia. Viva Gorizia, sì, ma viva davvero, con lo slancio che merita!