L'abbazia di Rosazzo ovvero un luogo dove andare e ritornare


Il chiostro è un luogo dove la pace regna incontaminata. Ne ho visti tanti, in giro per l’Italia e anche fuori, ma lo stato d’animo che ho provato tra le mura dell’abbazia di Rosazzo non le ho mai provate altrove. Non c’è una stagione che più di un'altra sia migliore per raggiungere questo luogo. Le colline qui attorno ogni mese dell’anno riservano piacevoli sorprese. Toni giallo e ocra delle vigne d’autunno, covoni di fieno, gerani fioriti sui davanzali e terrazze delle poche case disseminate sul colle d’estate, un cielo così intensamente azzurro dipinto dall’aria tersa di un gelido inverno. Il bianco del convento dei benedettini e il grigio della pietra testimone del tempo.
Che questo posto conservi una sua magia ne ho avuto la conferma nei giorni scorsi, quando ho consigliato ad un gruppo di amici, ospiti della Casa del bambù, che provenivano da fuori regione di andarci. Tenuto conto che si sarebbero venuti a trovare, giù per giù, sulla direttrice di Cividale. Altra meta che avevo consigliato loro di raggiungere.
Ne sono rimasti affascinati. Ed è per questo motivo che ho deciso di pubblicare alcune info su questo Blog, certa di fare cosa utile (e spero gradita) per i concittadini e per i turisti che si fermano in città anche soltanto pochi giorni.
Rosazzo prende il nome dalle rose selvatiche qui abbondanti, tanto che nel 1161 venne chiamato Monasterium Rosarum. Ancor oggi, a maggio, si può ammirare un bellissimo roseto (che comprende diverse rose antiche) e che quest’anno non siamo riusciti ad andare ad ammirare a causa delle ben note restrizioni.
Dalla sommità di un colle isolato, a ridosso dei colli orientali del Friuli, l’Abbazia di Rosazzo veglia sui paesi sottostanti. La sua storia millenaria ha origini poco definite, lasciando così spazio alle leggende popolari che narrano della sua fondazione. Si racconta infatti di un eremita, che nell’anno  ‘800 si fermò in questi luoghi di contemplazione e vi fondò un oratorio; l’afflusso di molte persone di fede portò in seguito alla costruzione di un monastero gestito dai Canonici di Sant’Agostino, mentre è da collocare presumibilmente attorno l’anno 1070 l’edificazione della chiesa dedicata a San Pietro Apostolo. L’intreccio di genti e popoli fu fondamentale per lo sviluppo del luogo, e fu grazie alla famiglia Eppenstein di Carinzia che la badia si consolidò nel suo ruolo e accrebbe il suo prestigio; nel 1091 venne introdotta la regola Benedettina e proprio dalla Carinzia arrivarono i primi monaci. Nel corso del XIII secolo l’abbazia era al suo massimo splendore, sotto la diretta protezione della Santa Sede, quando nel 1323 un gravissimo incendio distrusse tutti i documenti. Nei secoli a seguire i territori su cui sorge l’abbazia furono soggetti a molti sconvolgimenti, tra cui diverse guerre; questo portò i monaci Benedettini a lasciare  il luogo, il quale subì il degrado a rocca difensiva per i territori adiacenti. Nel 1509 un secondo incendio completò l’opera di rovina e bisognò attendere altri vent’anni prima di una vera rinascita in senso religioso. In tempi più recenti l’abbazia di Rosazzo subì le conseguenze del terremoto che nel 1976 colpì il Friuli; fu per merito di mons. Alfredo Battisti, arcivescovo emerito di Udine, se questi luoghi sono tornati ad esercitare la loro attrattiva, rendendo nuovamente l’abbazia un centro spirituale e culturale di prestigio. Su questo colle circondato dalla tranquillità dei vigneti opera oggi la Fondazione Abbazia di Rosazzo, che gestisce gli spazi dedicati alla preghiera, organizza convegni e mostre e tramanda l’importanza del luogo valorizzandone le bellezze; in questa ottica, di grande pregio è stata l’introduzione delle piantagioni di rosai moderni ed antichi lungo il perimetro del complesso edilizio, che durante la primavera regalano scorci di paesaggio stupendi. Di notevole importanza risulta essere anche la cantina dell’abbazia, la cui origine risale al tempo in cui i monaci Benedettini introdussero la coltivazione dell’ulivo e della vite, attorno al 1200. Nei vigneti che circondano il colle vengono oggi coltivate uve pregiate che danno origine a vini di qualità, che si prendono il lusso di invecchiare nella più antica cantina del Friuli, visitabile previo appuntamento.


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