Toponomastica e memoria collettiva: il caso di Ervino Pocar e dei f.lli Rusjan

Sfogliando i quotidiani, ogni tanto, incappo nella notizia  della concessione di onorificenze e riconoscimenti a concittadini. Non ho mai ambito a questi. Tutt’altro. Anche perché, alcune volte, conoscendo personalmente i soggetti destinatari, mi chiedo quali manovre o compromessi (per non dire intrallazzi) sono stati compiuti per veicolare la scelta su persone che non hanno alcuna virtù se non quella di aver ricoperto, più per fortuna che per merito, una determinata carica. Insomma, certamente si possono contare sulle dita della mano i personaggi alla Fred Rogers che meriterebbero l’onore di un riconoscimento pubblico (1).
Però, a dire il vero, devo ammettere che non sono soltanto i super buoni a meritare encomi, onorificenze e riconoscimenti, in vita o in morte. Ci sono anche gli eroi. Ed in tal senso la toponomastica dovrebbe fare la sua parte, quale esempio per le generazioni future. Su un concetto, quindi, tutti dovrebbero essere d’accordo: ovvero che la toponomastica cittadina è il presupposto per la conservazione della memoria collettiva.
Tanto per fare un esempio, sono rimasta entusiasta quando l’Amministrazione comunale ha deciso di intitolare una via a Sofronio Pocarini, eclettico goriziano, deceduto a Grado in maniera assurda, e protagonista assoluto della cultura cittadina l’indomani della prima guerra mondiale. Futurista, convinto irredentista, friulano di origini ma trasferitosi a Gorizia in tenerissima età, era il fratello di Ervino Pocar, germanista di fama mondiale. Dal 1903 al 1911 Ervino Pocar, come ci ricorda l’enciclopedia Treccani, "frequentò lo Staatsgymnasium, il rinomato liceo cittadino, palestra di studi severi dove la difficile, quotidiana convivenza di austriaci, italiani e sloveni sembrava trovare un punto di quiete nel comune impegno scolastico e nel costante confronto intellettuale" (2). Straordinaria, insomma, la multiculturalità goriziana nel periodo che precede la Grande guerra. Ben diversa, in pratica, dalla situazione contemporanea dove tutti, me compresa, sono stati ostacolati nell’infanzia dallo studio dello sloveno, lingua di confine. Per non parlare dell’imposizione di una italianizzazione che ha sottratto al mio cognome di origine la lettera finale “G”. Gorizia deve essere italiana al 100 per cento, deve essere stato il diktat di allora. Ed è forse per questo che la toponomastica cittadina (con eccezione delle frazioni o comuni a prevalente presenza slovena) ignora del tutto gli eroi appartenenti a quella comunità.
Sotto questo punto di vista, l’attività di Grazia Rusjan (già Russian) che ha richiesto ed ottenuto il ripristino del suo cognome originario, tanto perché non nascano equivoci a proposito del suo rapporto con i pionieri omonimi, è ammirevole e amorevole. Perché sta investendo ogni energia e risorsa disponibile per far rendere indelebile nella memoria collettiva l’eroica esperienza dei suoi zii, Pepi ed Edi Rusjan, pionieri del volo. Proprio due giorni fa, ad esempio, ovvero il 9 gennaio ricorreva l’anniversario del tragico incidente in cui perse la vita Edvard Rusjan, uno dei due fratelli goriziani pionieri del volo. E non posso non chiedermi perché Gorizia non ha onorato la loro gloriosa impresa c on una via dedicata a loro nome con le modalità che avrebbero meritato. Insomma, do per certo si possano contare sulle dita di una mano i goriziani a conoscenza del fatto che la strada parallela alla via Fermi (zona industriale) ovvero la strada che porta all’autoporto, è intitolata ai fratelli Rusjan. La memoria storica si conserva in altri modi; intitolando vie o piazze che sono frequentate, scuole, luoghi di aggregazione. Ma non certamente quelli che potrebbero essere ben definiti “non luoghi” come le stazioni e gli aeroporti. Strade, cioè, totalmente prive di connessione con la comunità locale. Mantenere vivo il ricordo di uomini ed imprese comporta celebrarne gli anniversari, come ad esempio aveva fatto la Provincia di Gorizia, quando ancora c’era. A tale ente il merito di aver costituito nel 2009 un apposito comitato per le celebrazioni, in occasione del centenario del primo volo su Gorizia e collocando una scultura davanti al portone d’ingresso di quella che era la sua sede, in corso Italia al civico n. 55. Anche se, a dire il vero, con un imperdonabile errore di presentazione, laddove li definì “pionieri assoluti dell’aeronautica italiana”, come risulta dal post pubblicato su youtube, in occasione dell’evento.
Del resto, impreciso nel corretto inquadramento storico/geografico lo è anche il video postato da Slovenski letalski, tenuto conto che nel bellissimo render dell’ultimo volo di Edi Rusjan, informa che: “On 9th January 1911 Slovenian Edvard Rusjan crashed and died after severe wind - weather conditions in Belgrade, former Yugoslavia. He was among the first fliers who made his own powered aircraft.” Una imprecisione certamente non voluta. Ma nel 1911 Belgrado apparteneva al regno di Serbia e soltanto  nel 1929, a seguito delle conferenze di pace e dello smantellamento dell'Impero austro-ungarico divenne capitale del Regno di Jugoslavia. Edi e Pepi Rusjan erano, prima di tutto, due goriziani, ovvero appartenenti a quella comunità multiculturale che, diffatto, è stata ed è ancora la ricchezza dei luoghi in cui dialogano e si confrontano culture diverse.
Il loro aeroplano, fatto in casa, spiccò il volo il 25 novembre del 1909 sopra la Campagnuzza. Progettisti, costruttori e piloti, i due fratelli sono riusciti a trasformare la loro trappola di carta fatta di bambù e cartone in un simbolo di coraggio e audacia. Necessario, quindi, ricordarli adeguatamente, così come andrebbe ricordato Ervino Pocar al quale l’Amministrazione comunale non ha ritenuto ancora di dedicare alcunché.
Di questo ne parleremo in sala Dora Bassi, via Garibaldi, venerdì 24 gennaio, alle 18, ascoltando i bellissimi racconti della nipote Grazia che ha anche raccolto nel sito web foto e testimonianze.www.edvard-rusjan.it/

L’ eroica impresa dei fratelli Rusjan è stata raccontata anche da Anna Cecchini sul numero di novembre di Gorizia News & views, che è possibile leggere a questo indirizzo.

1. Fred Rogers è stato un conduttore televisivo statunitense che Tom Hanks interpreta in maniera eccelsa nel film Un amico straordinario (A Beautiful Day in the Neighborhood), a marzo nelle sale cinematografiche).
2. A dire il vero, quanto indicato dall'Enciclopedia Treccani - a mio avviso - è inesatto. Ciò in quanto a frequentare il liceo non c'erano austriaci, italiani e sloveni. Bensì cittadini appartenenti all'impero austro ungarico che si esprimevano indifferentemente in tedesco, friulano, sloveno ed anche in italiano.


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