Il Commissariato di frontiera indaga; Elena De Vecchi ce lo racconta, tra realtà e finzione



Si dice a volte che la realtà supera la fantasia. Credo proprio che per quanto riguarda la situazione di criticità strutturale degli uffici di polizia Elena De Vecchi ci sia andata molto vicino, nel descrivere lo scarno inventario degli arredi che compongono gli uffici di polizia. E non solo quello ubicato nel quartiere Montesanto a Gorizia, in cui lavorano i protagonisti dei suoi primi romanzi gialli Stanca morta e Papir. Ovvero, l’ispettore Kaucich, il capo dell’anticrimine di Nova Gorica Devetak,  l’assistente Zingerle, l’agente Bregant, ed il sovraintendente Casertano. Personaggi la cui storia si incrocia con i protagonisti don Miro e la sua perpetua Dragica,  Marilù, la misteriosa Chantal , Vijola, ed il fante austroungarico Isidoro che scriveva a casa dal maledetto fronte orientale.
Il susseguirsi delle pagine è avvincente, i personaggi plausibili e, nonostante il parsimonioso uso di aggettivi,  ben caratterizzati, i dialoghi mai fasulli e verbosi, i contesti – come ci aveva ricordato Martina Luciani un anno fa - piacevolmente familiari, l’ironia inserita con generosità ma mai fine a se stessa, complesso e autentico l'affresco complessivo di vite ed eventi. A partire dalla straordinarietà delle Aleksandrinke, che hanno fatto rivivere laggiù con la loro presenza, sulla sponda opposta del Mediterraneo, la quintessenza della peculiarità di noi, gente di confine.
Elena De Vecchi, artista a 360 gradi e che sarà presente a Gorizia, nell’ambito della iniziativa promossa da questo Blog “Incontri, racconti e luoghi” mercoledì 31 gennaio alle 17.30, nella sala Dora Bassi di via Garibaldi,  è nata e vive a Trieste. Ha conseguito il diploma di pianoforte al conservatorio Tomadini di Udine, la laurea in Filosofia, indirizzo Scienze umane, in Scienze dei beni culturali, indirizzo archivistico-librario, presso l’Università degli studi di Trieste e il diploma in Archivistica, paleografia e diplomatica all’Archivio di Stato di Trieste. Ed è senza dubbio a questa sua passione per la ricerca negli archivi, che Elena De Vecchi è riuscita a far percorrere strade e paesi ai suoi personaggi buoni, cattivi, amabili o senza scrupoli. Insomma umani. Personaggi che si rincorrono e si inseguono nelle vie cittadine che diventano, pertanto, scenari che catturano, avvincenti l’attenzione del lettore. Una città che Elena De Vecchi ci fa amare, come forse non l’abbiamo mai amata. Perché molto spesso, come ci ha insegnato il filosofo Henry David Thoreau, ci limitiamo a guardare senza vedere.  E se la gente vedesse e non si limitasse a guardare, probabilmente vivremmo in un mondo migliore.

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