Non sono osterie nel senso comune del termine. Non sono
neppure trattorie. Sono qualcosa di più semplice, più antico, più vero. Sono le
case dei contadini che, per pochi giorni all’anno, aprono le porte e versano il
loro vino a chi passa. Un ramo d’alloro appeso a un portone, a un cancello, o
perfino a un palo dell’elettricità, è il segnale discreto ma inequivocabile.
Dice: “È tempo. Qui si beve vino nuovo.”
Qui si beve vino vecchio, se in cantina, poco prima della vendemmia, ne è
rimasto ancora quello dell’anno prima. È comunque vino di casa, sincero,
versato con la stessa generosità.
Le osmize hanno radici che affondano nell’Impero asburgico: un editto di Maria Teresa d’Austria autorizzava i contadini del Carso a vendere i propri prodotti direttamente, per otto giorni – osem, in sloveno. Le frasche, diffuse nella pianura friulana e goriziana, rispondono alla stessa esigenza di autenticità: tagliare i passaggi, parlare con il bicchiere, mostrare senza filtri quello che la terra ha dato.
Una frasca all’imbocco del ponte: ad agosto, quello è il segnale. Poi se ne scorgono altri – a Merna, a Sant’Andrea, qua e là tra le frazioni e le case sparse. Non servono nomi precisi, perché chi li conosce, li riconosce. Ma ce n’è uno che, più degli altri, accende la voglia di andarci: la frasca di Salomon a Rupa. Quando si apre, qualcosa dentro si muove. È un richiamo che ha più a che fare con la memoria che con la sete.
Oggi mi adeguo, ma la mia frasca del cuore non c’è più. Era in via Blaserna, appena fuori dal centro, e tutti la conoscevano come “dal Nisi” – il nome, credo, del padre di Giorgio e Severino Paulin. Venuti a mancare un paio d’anni fa, restano però vivi nei racconti degli abitanti di San Rocco. Perché ci sono luoghi e persone che continuano a vivere in chi li ha conosciuti, anche quando sembrano scomparsi.
La frasca del Nisi non era solo un posto dove bere. Era un luogo dove stare. Dove la porta era sempre socchiusa, dove bastava un sorriso per essere accolti, dove la pergola offriva ombra e compagnia, e d’inverno il fuoco del caminetto scaldava mani e parole. Si portava da mangiare da casa: gulash, jota, pane fragrante. Si condivideva tutto, senza domande, come si fa in famiglia.
Indimenticabili restano le frittate che preparava Giorgio: venti uova, erbe raccolte nei prati, e una padella che sembrava uscita da un’altra epoca. Venivano alte, spesse, profumate. Frittate che raccontavano stagioni e pazienza, mani sapienti e gesti antichi. Avevano dentro la primavera, la terra, il rispetto per il tempo della natura.
Giorgio amava raccontare. Le sue avventure da camionista attraversavano mezza Europa e portavano con sé il gusto del viaggio. Ma il ricordo che tornava più spesso — quello che io stessa gli evocavo, quasi per gioco — era un altro: i cosacchi accampati nel campo dietro casa. Bastava nominarli, e nei suoi occhi si accendeva una luce strana, come se quel passato non fosse mai davvero andato via. Era un frammento di Storia rimasto incastrato tra le vigne, tra i cortili, tra le parole taciute.
Chi si siede a un tavolo in una frasca o in un’osmiza non cerca il lusso. Cerca la verità: di un bicchiere sincero, di un tagliere di salumi, di un formaggio grezzo, di un sottaceto fatto in casa, di un uovo sodo. Cerca voci che si sovrappongono, parole in italiano, in sloveno, in dialetto, storie che si intrecciano e si sfumano come i confini che da queste parti hanno tagliato tutto — ma non hanno mai spezzato del tutto la voglia di stare insieme.
E così, tra un brindisi e un ricordo, tra una risata e una frittata, anche il confine – quel confine duro, fisico, tracciato e imposto – si fa solo una piega morbida nella geografia dell’anima.
Grandi e semplici verità che l'idiozia della globalizzazione non riuscirà a cancellare almeno sino a che quelli che le hanno assaporate saranno vivi !
RispondiEliminaGrazie, molto bello ....sono un nostalgico per questi ambienti dove ho passato la mia fanciullezza con i nonni e genitori e la mia gioventu. Nente bar ristoranti alti, pab ecc, ma luoghi semplici. Eh questione di gusti dicono che mi affascinano ancora anche se sempre piu difficile incontrarli. In questo anno dedicato alla cultura ...cercarli e proporli e giusto. Ah Il Salomon di rupa e aperto e li si vive ancora quell abiente. Sulla mainizza di fronte all'agriturism del Paolone la frasca del Marega...solo vino e un uovo sodo ma tavoli sotto un maestoso gelso. Eh ci vado e andro fino a che potro magari con un...bisnipote chissà. Ah a Lucinico accanto alla ex caserma un luogo ameno.Bello. Viva la frasca. Mularia giudizio e mandi a tuti.
RispondiEliminaBy Franz/39
Grazie di nuovo