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Gradisca d'Isonzo 22 febbraio |
Sarà anche tutta una questione di algoritmi ma, quando cerco
qualcosa sul motore di ricerca e mi esce tutt’altro rispetto all’oggetto di
personale interesse, non riesco a smettere di stupirmi. Ovviamente nel caso in cui l’argomento che mi
appare è comunque di mio interesse ed anzi, sarebbe stato l'oggetto della
ricerca successiva. E’ successo oggi che, inaspettatamente e fortunatamente,
nel momento in cui era mia intenzione approfondire questioni attinenti il
giardinaggio, mi è apparsa la pagina di presentazione del libro (di un anno fa)
dello storico altoatesino Andrea di Michele il quale, nel libro “Tra due
divise. La Grande Guerra degli italiani d’Austria”, anticipa di fatto la
ricerca di Gianni Marizza presentata nelle scorse settimane con grande successo
di pubblico, sia a Gorizia che nella sua città Natale, Gradisca d’Isonzo.
Nell’articolo
si racconta che “Oltre 100 mila soldati di lingua italiana hanno combattuto
durante la Grande Guerra per l'Impero austro-ungarico. I militari in divisa del
Kaiser furono però considerati inaffidabili e sospetti perché parlavano appunto
la lingua del nemico”. Lo storico altoatesino Andrea Di Michele analizza il
loro destino […] riportando anche stralci di lettere. "I miei stessi
fratelli austriaci mi trattano tanto male senza alcuna ragione, perché io non
mi sono comportato male né verso di loro né verso il mio caro Impero
austriaco", scrisse il contadino goriziano Giuseppe Cisilin ai suoi
familiari. I soldati, provenienti dal Trentino e dal litorale austriaco, furono
inviati soprattutto sul lontano fronte russo, dove circa 30.000 finirono
prigionieri. Gli italiani in divisa austriaca, anche se visti con diffidenza,
furono però contesi dall'Italia, che avviò pressioni e tentativi di
rieducazione nazionale, come ricostruisce il ricercatore della Libera
Università di Bolzano.”
Insomma, ben vengano puntualizzazioni e chiarimenti su
un periodo storico di straordinaria rilevanza per la nostra città. In questo
contesto, la sintesi della presentazione di Vili Prinčič illustrata a Gradisca
in occasione della presentazione al pubblico della fatica di Gianni Marizza,
merita veramente di essere apprezzata anche da coloro i quali non conoscono lo
sloveno. Perché per un vezzo istrionico dell’autore, le due presentazioni
scritte rispettivamente da Ferruccio Tassin in friulano e da Vili Prinčič in
sloveno non riportano il testo in italiano; per il fatto – afferma Gianni
Marizza – che queste due lingue fanno parte della nostra cultura e, di
conseguenza, tutti le dovremmo conoscere. La guerra e il periodo postbellico hanno di
molto cambiato l'Isontino: è il titolo della presentazione dell’esponente della
comunità slovena Prinčič. Questa la sintesi:
Nel novembre del 2018 si sono concluse varie manifestazioni
riguardanti il centenario della tragedia della Grande guerra, che ha lasciato
dietro di se milioni di morti e invalidi. Anche la popolazione civile ha subito
gravi lutti derivanti sia dalla guerra che dalla terribile influenza chiamata
spagnola che tra il 1918 e 1919 ha fatto più vittime della guerra stessa. Dopo 100 anni di
silenzio “forzato” e la questione messa nel dimenticatoio, finalmente si sono
mossi circoli e singoli ricercatori che hanno voluto fare chiarezza sulla sorte
di migliaia di nostri nonni sloveni, italiani e friulani che hanno combattuto
nell'uniforme austro-ungarica. La maggior parte sono stati arruolati già nel
1914 e spediti sul fronte serbo e russo. Molti sono caduti e sepolti in terre
lontane, molti sono stati fatti prigionieri e tornati a casa diversi anni dopo
la fine del conflitto. Da casa sono partiti come cittadini austro-ungarici,
tornati a casa li aspettava una nuova patria. Non sono stati molti invece i
soldati del nostro litorale che hanno combattuto sul fronte italiano. Alla fine
del conflitto sono stati fatti prigionieri e come tali trattenuti in varie
località italiane per molti mesi, alcuni anche per più di un anno. Mentre i
prigionieri di lingua ceka, ungherese o rumena tornarono nelle loro nuove
patrie relativamente in breve tempo, questa possibilità non era stata concessa
agli ex soldati sloveni e croati. Nei mesi di prigionia sono morti a centinaia
a causa della fame e altre sofferenze. Senza dubbio si tratta di una faccenda
molto scottante e spiacevole avvolta nel mistero e che non è stata (o non si è
voluto) del tutto chiarire dalla storiografia ufficiale. La guerra nell' Isontino si è conclusa
già nell'ottobre del 1917, quando dopo Caporetto il conflitto si è trasferito
sul Piave. Tutto il nostro territorio era distrutto e quando i primi profughi
civili cominciavano a tornare a casa hanno trovato una desolazione completa. Si
dice che a causa della guerra hanno dovuto lasciare i propri paesi tra i 60.000
e 80.000 profughi, nella maggior parte sloveni. L'80'% di loro hanno trovato
asilo in varie regioni dell'Austria, il 20% invece in Italia (tutta la destra
dell'Isonzo). Succedeva anche questo; molti rifugiati in Austria dopo il 1918
non vollero tornare nel Goriziano, perchè non desideravano diventare sudditi
dell'Italia. Preferirono stabilirsi in varie zone della Slovenia, ma anche in
altre zone del nuovo costituito regno dei Serbi, Croati e Sloveni, anni dopo
divenuto il regno della Jugoslavia.
L'autore del libro Gianni Marizza ha voluto
trattare questioni per molti anni volutamente nascoste e perfino vietate. Nelle
sue riflessioni ha messo in luce questioni alquanto scottanti, per le quali si
è dovuto attendere cent'anni. In vari capitoli che riguardano l'occupazione
italiana nelle prime settimane postbelliche, l'autore ha messo sul tavolo argomenti
delicati e taciuti per decenni. Parla dei modi d'agire molto brutali delle
nuove autorità nei confronti della popolazione civile, descrive le riforme
scolastiche dove la lingua slovena veniva messa da parte, descrive la sorte del
profughi sloveni in Italia e la sorte di personaggi di cultura, come maestri o
anche preti fatti “sloggiare” dal proprio ambiente e trasferiti il più lontano
possibile. Marizza mette in risalto e contesta le cosiddette “bugie storiche”,
che sono state introdotte come verità nei testi scolastici e nei libri di
storia. Disgraziatamente a tutto ciò si sono letteralmente sottomessi anche
storici molto noti; da non parlare dei politici. Anche se con il contagocce,
ultimamente vengono alla luce vedute e considerazioni più obiettive riguardanti
gli avvenimenti bellici e postbellici che ci mostrano una situazione spesso
molto differente da quella offerta dalla storia ufficiale. Pertanto ogni
ricerca, ogni cosa che viene pubblicata in tal senso, è benvenuta e senz'altro
ci aiuterà a comporre un'immagine più completa di quei tragici avvenimenti."
Il libro, “O Vienna Velika che tanto t’amai” (Chiandetti
Editore), pagine 576, Euro 20,00 è disponibile, per
ora, nell’edicola di via Roma, a Gradisca, di fronte alle scuole e alla libreria
Editrice goriziana in corso Verdi a Gorizia.
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