Uova, conigli, gattini e pinze


Pochi giorni fa, per la prima volta, ho scoperto che non dappertutto l’uovo è il simbolo pasquale per antonomasia. Perché, tanto per intenderci, in Austria, il simbolo è il coniglietto. Ed ecco svelato il motivo del coniglietto della Lindt qualificata produttrice di cioccolato svizzero/austriaca) ed i scaffali pieni nei supermercati di proprietà tedesca nel periodo che precede la Pasqua. Insomma, paese che vai usanze che trovi.
Altro simbolo della tradizione tedesca che da qualche tempo ha cominciato a farsi spazio anche dalle nostre parti è l’albero di Pasqua anche se in Italia viene usato qualsiasi tipo di ramo. Mentre in Austria, ad esempio, vengono rigorosamente utilizzati i rami di salice: ovvero i gattini. Sono stata sempre incuriosita dall’origine del nome con il quale viene comunemente chiamato il salice nel momento in cui emette le prime gemme e, proprio di recente, ho scoperto una bella leggenda polacca la quale narra di una gatta che, disperata per la fine che avrebbero presto fatto i propri cuccioli, gettati nel fiume dal proprio padrone, stava manifestando tutto il suo struggente dolore con pietosi e strazianti miagolii. I salici, presenti sulla sponda del fiume, impietositi dalla scena atroce, tesero i loro rami verso il fiume per permettere ai gattini di aggrapparsi, così facendo li salvarono dalla triste fine. Da allora, alla fine di ogni inverno i salici non fioriscono ma, in ricordo di quanto accaduto, si ricoprono di una morbida infiorescenza lanuginosa e di colore bianco, simile al pelo dei gattini, tali infiorescenze, infatti vengono chiamate “gattini”.
L'uovo di Pasqua, invece, è un oggetto tradizionale, divenuto nel tempo uno dei simboli della stessa festività cristiana, assieme alla colomba. Nel cristianesimo simboleggia la risurrezione di Gesù dal sepolcro. La tradizione del classico uovo di cioccolato è recente, ma il dono di uova vere, decorate con qualsiasi tipo di disegni o dediche, è correlato alla festa pasquale sin dal Medioevo, come ci ricorda l’onnisciente Wikipedia. Riguardo la colomba, invece, si sa che fu Dino Villani, direttore pubblicità della ditta milanese Motta, già celebre per i suoi panettoni natalizi, che negli anni trenta del 1900 per sfruttare gli stessi macchinari e la stessa pasta, ideò un dolce simile al panettone, ma destinato alle solennità della Pasqua. Vi sono leggende che vorrebbero far risalire questo dolce pasquale in epoca longobarda, addirittura al re longobardo Alboino che durante l'assedio di Pavia (metà VI secolo) si vide offrire, in segno di pace, un pan dolce a forma di colomba. Un'altra leggenda vuole la colomba pasquale legata alla regina longobarda Teodolinda ed il santo abate irlandese San Colombano. La leggenda vuole che San Colombano al suo arrivo in città, attorno al 612 venisse ricevuto dai sovrani longobardi e invitato con i suoi monaci ad un sontuoso pranzo. Gli furono servite numerose vivande con molta selvaggina rosolata, ma Colombano ed i suoi, benché non fosse di venerdì, rifiutarono quelle carni troppo ricche servite in un periodo di penitenza quale quello quaresimale. La regina Teodolinda si offese non capendo, ma l'abate superò con diplomazia l'incresciosa situazione affermando che essi avrebbero consumato le carni solo dopo averle benedette. Colombano alzò la mano destra in segno di croce e le pietanze si trasformarono in candide colombe di pane, bianche come le loro tuniche monastiche. Il prodigio colpì molto la regina che comprese la santità dell'abate e decise di donare il territorio di Bobbio dove nacque l'Abbazia di San Colombano. La colomba bianca è anche il simbolo iconografico del Santo ed è sempre raffigurata sulla sua spalla.
Ma tra le uova e le colombe, qua da noi, gente di confine, impera ancora la pinza (anche se la si trova ormai disponibile tutto l’anno) e la treccia, (che molti chiamano Colombina) di norma riservata ai bambini, che utilizza il medesimo impasto ma che viene lavorata a forma di intreccio con all’estremità inserito un uovo. Ricordo ancora, nonostante sia trascorsa ormai un’eternità, che la mia nonna Elisa di Farra d’Isonzo ne preparava per tutti; facendole lievitare per poi portarle dal fornaio del paese che provvedeva alla loro cottura. Ora, con l’HCCP ed il NAS in agguato, tutto ciò non sarebbe proprio più possibile. Comunque, Buona Pasqua a tutti.

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